Londra, la fronda dei Tory in difesa dei privilegi dei Lord Cameron rischia il primo ko

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LONDRA – La Camera dei Lord non si cambia in dieci giorni, anzi forse non si cambia affatto: così pensano almeno settanta conservatori in rivolta che oggi potrebbero portare il governo alla sua prima sconfitta in parlamento. C’è una lettera con altrettante firme, anche nomi importanti del partito, tutti irremovibili nel dichiarare che cancellare la tradizione è qualcosa che va discusso con molta calma. Ed oltre alla riforma voluta soprattutto dagli alleati liberaldemocratici di Clegg, che prevede l’eleggibilità  dell’80% dei Pari e il dimezzamento del loro numero, è in pericolo anche la stabilità  della coalizione. I Tory ribelli sono formalmente contrari solo alla scelta su cui oggi si decide: un dibattito limitato a dieci giorni. Ma dibattito senza limiti vuol dire affossamento totale del progetto e crisi del piano di riforme governativo. I laburisti, infatti, pur avendo chiesto invano per decenni analoghe modifiche dell’istituto dei Lord, annunciano un identico voto, contrario.
«Stiamo parlando di un’istituzione fallimentare che esercita il suo potere senza legittimazione»: così ieri Nick Clegg ha aperto il dibattito sul voto, sostenuto da una dichiarazione consegnata alle agenzie da un portavoce di Cameron che escludeva «ogni dubbio» sul fatto che il primo ministro conservatore sostenga la riforma. «Ci sono solo due paesi al mondo che hanno una Camera alta non eletta – ha proseguito Clegg – noi e il Lesotho», arrivando poi a citare persino Churchill, che a suo tempo alla riforma era favorevole. Niente da fare, il gruppo degli «Assennati», come si sono autonominati i ribelli, si stava preparando da giorni ed è rimasto sulle sue posizioni. La lettera aperta porta in calce firme come quella di Malcolm Rifkind, che è stato ministro sia di Margaret Thatcher che di John Major, e presidenti di commissioni parlamentari come John Whittingdale, alla Cultura, o Bernard Jenkin, alla Pubblica amministrazione.
Il testo esprime «serie preoccupazioni» per una Camera dei Lord elettiva che «minaccia di aggiungere alla crisi economica una crisi costituzionale», creando «un ingorgo legislativo che mina la primazia della Camera dei Comuni». Poi ci sono i paventati costi, la mancanza di esperienza dei Lord: tutto va bene, per arrivare all’appello finale: «Speriamo che vogliate ascoltarci, dando a questo disegno di legge lo spazio per l’esame approfondito che merita». I ribelli alla fine potrebbero arrivare a 100, un terzo dell’intero gruppo parlamentare dei conservatori, e la lotta nei giorni scorsi è stata feroce, con i liberaldemocratici che sono arrivati a minacciare vendetta promettendo di non votare un cambiamento di confini dei collegi elettorali, facendo così perdere 20 seggi ai conservatori nelle prossime elezioni. Dopo le reazioni furiose dei Tory, il liberaldemocratico ministro all’Industria Vince Cable ha negato ogni minaccia e chiesto ai ribelli di pensare piuttosto al bene del governo. Invano: chi ha un incarico ministeriale se oggi voterà  contro dovrà  dimettersi, ma a nome di molti Conor Burns, aiuto del ministro dell’Irlanda del Nord Owen Paterson, ha dichiarato sereno alla Bbc: «Mi aspetto di perdere il posto».


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