La “curva” letteraria

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Più recentemente, la compartecipazione diffusa agli “eventi” di massa pare più affine alla tifoseria calcistica. E fa tornare in mente una esperienza vissuta e controllata, proprio sulle porte, nel Mauritshuis dell’Aia: piccolo museo squisito con opere importanti di Rembrandt e di Vermeer in sale adiacenti. Sullo stesso piano; e non mi esce dalla memoria. Quando l'”evento” era costituito da una retrospettiva di Vermeer, quasi nessuno attraversava la soglia tra la folla e i Rembrandt. E lo stesso accadeva quando – inversamente – la mostra era su Rembrandt; e quasi nessuno faceva pochi passi per ammirare in solitudine i Vermeer.
Così, quando attualmente i tifosi calcistici «fanno massa» con tutti i tavolini prenotati nella piazzetta di Capri per poter vedere la partita Italia-Spagna ed esultare (magari) tutti insieme all'”evento”, subito scattano i paragoni con i festival contemporanei con tante lezioni di Filosofia o Matematica o Fisica o raccontini in lingua originale per utenze di eventi di massa. Quindi, solo testi commissionati per l’evento, e anticipati sui mezzi di massa. Dunque inevitabilmente si rammentano i corsi universitari di tanti anni fa, quando taluni docenti si limitavano a leggere un capitolo di un loro trattato, che allora bastava studiarsi a casa, per l’esame. Invece altri docenti, più popolari, parlavano (apparentemente) «a braccio», strutturando i concetti ma raccogliendo i vari spunti specifici proposti da noi studenti. Più o meno militanti o pedanti o petulanti.
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Per T. S. Eliot (citato dal TLS , «occorre considerare gli interessi di quella grande, vaga, sconosciuta entità  chiamata “il pubblico”… Cioè, il più vasto numero di membri del tipo giusto, dunque uomini e donne provvisti di una cultura generale»…
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Politicamente corretto e/o scorretto… Quel sempiterno e venerando tormentone, non solo italico, forse raggiunse fra noi un suo apice quando Indro Montanelli e Giorgio Bocca intitolarono «Controcorrente» e «L’Antitaliano» le loro rubriche di più duraturo successo fra la buona borghesia intelligente e istruita. Tradizionalmente, infatti, le nostre buone letture consistono in denigrazioni autoctone e locali del Bel Paese, anche nei centri piccoli (come faceva Leopardi). Senza bisogno di appoggiarsi alla “auctoritas” dei prestigiosi media stranieri che normalmente ci giudicano dall’alto al basso con folklore.
Le varianti appaiono canoniche, e invariabilmente elogiate: dalla trasgressione impenitente alla irriverente provocazione. Immaginare l’opposto mediatico della provocazione trasgressiva? Praticamente impossibile: ricadere a gamba tesa nel conformismo del «politically correct», o negli anticonformismi di un qualunquismo buonista? E i rapporti col potere, dove metterli?
E i moralismi che attualizzano e fanno sopravvivere le argomentazioni delle prediche feriali e festive, e le conclusioni dabbene del tipo «signora mia»?
Durante le vacanze, così, le mitiche o effimere considerazioni sul corretto e/o scorretto ora tendono a spostarsi verso l’ora dell’aperitivo nelle ridenti località  più o meno alla moda. Macché più elzeviri o corsivetti. Tramonti, piuttosto. Linea alla pubblicità . Sul territorio?


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