Torture e arresti arbitrari, Senza Gheddafi la Libia non cambia

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“È assai triste che dopo così tanti mesi, le autorità  non siano state complessivamente in grado di allentare la stretta mortale delle milizie sulla sicurezza del Paese, con conseguenze drammatiche per la popolazione”, ha affermato Hassiba Hadj Sahraoui, vice-direttrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty. “Furono soprattutto le richieste di porre fine alla repressione e all’ingiustizia a condurre alla “rivoluzione del 17 febbraio”. Senza un’azione immediata per fermare le violazioni e porre rimedio all’assenza di legge, la Libia rischia concretamente di riprodurre e rafforzare quel sistema di violazioni dei diritti umani che abbiamo già  visto in opera negli ultimi quattro decenni” – ha aggiunto Sahraoui presentando l’ultimo rapporto sulla situazione nel Paese nordafricano.
TRASCORSO poco meno di un anno dalla caduta di Tripoli nelle mani dei combattenti rivoluzionari, le continue violazioni dei diritti umani – tra cui arresti arbitrari, torture con conseguenze anche mortali, omicidi e sfollamenti forzati di popolazioni eseguiti con impunità  – stanno gettando un’ombra negativa sulle prime elezioni nazionali dalla caduta del regime di Muammar Gheddafi.
Durante la visita in Libia a maggio e giugno, Amnesty ha verificato che centinaia di milizie armate, continuano ad agire al di sopra della legge, molte delle quali rifiutando di disarmare o di arruolarsi nell’esercito e nelle forze di polizia. Il ministero dell’Interno ha dichiarato all’organizzazione per i diritti umani di essere riuscito a smantellare quattro milizie della capitale, poco considerato l’alto numero delle milizie. Le milizie continuano ad arrestare persone e a trattenerle in strutture detentive segrete e non ufficiali. Nonostante alcuni progressi nel sottoporre a controllo centrale i luoghi di detenzione, sarebbero 4.000 i prigionieri fuori dal controllo delle autorità  nazionali, alcuni anche da più di un anno. Amnesty ha anche visto i segni di recenti pestaggi e di altre violenze alcuni casi equiparabili a torture – in 12 dei 15 centri di detenzione dove ha potuto incontrare in privato i prigionieri. Tra i metodi di tortura usati regolarmente, figurano la sospensione in posizioni contorte, le scariche elettriche e i pestaggi prolungati con svariati oggetti, come sbarre e catene di metallo, cavi elettrici, bastoni di legno, tubi di plastica, cannelle dell’acqua e calci dei fucili. Amnesty ha ricevuto inoltre informazioni dettagliate su almeno 20 casi di morte in custodia a seguito della tortura da parte delle milizie a partire dalla fine di agosto 2011. Continuano anche gli scontri tra le milizie armate, col ricorso sconsiderato a mitragliatrici, lanciagranate e altre armi contro le aree abitate, come nella città  meridionale di Kufra, dove vive la minoranza tabu, teatro di una serie di scontri tra febbraio e giugno 2012.


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