Carcere, suicidi e torture

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«Ci sono importanti indicatori – scrive il quotidiano Gb – della protezione e della cura che un Paese riserva ai propri detenuti, tra cui il numero e le cause di decessi in cella». Nelle nostre prigioni, «il 56% dei circa mille morti tra gennaio 2002 e maggio 2012 è a causa di suicidio, il 22% per malattia». Il resto per droga, omicidio o circostanze da chiarire. 
Ma il giornale inglese dovrà  tornare sull’argomento perché è in estate che le carceri italiane possono far impazzire qualsiasi analisi statistica. Quando le celle diventano roventi e la tortura diventa disumana per quei corpi ammassati oltre ogni limite legale, e se può succedere – come in questi giorni – che manca perfino l’acqua, allora la differenza tra morte cercata e morte provocata diventa assai vaga. 
I sindacati di polizia penitenziaria lanciano il grido d’allarme, e il Dap ammette: «In molti istituti manca l’acqua, perché non è stata completata l’attuazione del regolamento del 2000, che prevedeva l’adeguamento delle strutture. Rete idrica e elettrica sono ottimali, ma se viene triplicato il numero dei detenuti si va in black-out». Rubinetti a secco da una settimana a Taranto dove, avvertono gli agenti, «la rivolta è dietro l’angolo». Idem a Sassari, dove «la mancanza dell’acqua corrente dovrebbe indurre l’immediata chiusura della struttura che è ormai al collasso», e invece a giorni vi dovrebbero essere trasferiti altri cento detenuti in 41 bis. E l’elenco degli istituti con «grave carenza idrica» potrebbe continuare a lungo. 
Anche a Teramo manca l’acqua, in cella come in città . Non sappiamo però il motivo che ha spinto al suicidio due detenuti nelle ultime 24 ore. Ieri T.L., una donna etiope di 55 anni si è impiccata; il giorno prima stessa sorte è toccata a un uomo di 44 anni. A fine aprile nello stesso carcere si era tolto la vita un giovane tossicodipendente di 34 anni. Secondo l’osservatorio di «Ristretti orizzonti», salgono così a 28 i suicidi di detenuti dall’inizio dell’anno; 83 morti, in totale. A Viterbo ieri, un altro recluso di 56 anni ha tentato di morire: è grave. 
E in questo assolato sabato di fine giugno, dal parlamento arrivano solo flebili voci. Dal governo silenzio assoluto.


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