Siria-Turchia, venti di guerra

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Rosa Balfour, analista politica, è la responsabile del programma «Europa nel Mondo» del think tank indipendente European Policy Centre. È appena atterrata a Bruxelles e consulta le agenzie internazionali sugli sviluppi della crisi tra Ankara e Damasco.
Dottoressa Balfour, perché la Turchia ha convocato la Nato per affrontare la crisi con la Siria?
«à‰ un messaggio inviato agli alleati, all’Europa e anche ad Assad. Un modo per dire a tutti che Ankara non intende affrontare la crisi bilateralmente. E soprattutto è il segno che c’è la volontà  di contenere una escalation pericolosa».
Due anni fa con Israele le cose furono gestite diversamente.
«È vero. Ma proprio il caso Freedom Flottilia ha generato un cambiamento di rotta della politica estera turca. L’esperienza di quei giorni si è fatta sentire. I rapporti con Israele erano buoni, ma la crisi è stata gestita male, creando tensioni che non si sono ancora risolte. Un errore da non ripete».
Come sono i rapporti tra Siria e Turchia?
«Equilibrati. Non saprei se definirli amichevoli, ma in definitiva direi che sono buoni. Lo dimostra anche il fatto che Damasco e Ankara stanno collaborando nella ricerca dell’aereo abbattuto. È chiaro che di fronte a una vicenda così clamorosa una risposta forte doveva esserci. Fortunatamente per ora è stata ragionata».
I turchi hanno accusato Damasco di avere abbattuto l’F4 in uno spazio aereo internazionale.
«I siriani hanno negato. E poi Ankara ha fatto un passo indietro ammettendo di avere sbagliato avvicinandosi tanto alla Siria. Insomma, il senso delle dichiarazioni turche è stato: noi abbiamo fatto un errore, ma voi vi siete comportati male. Non esattamente un muro contro muro». La Turchia ha immaginato a lungo di potere avere un ruolo decisivo nella regione.
«È vero. La primavera araba ha fatto pensare al premier Erdogan di poter essere un protagonista del cambiamento. E persino di condizionare Assad. Poi è stato chiaro che non era possibile. La richiesta di un intervento della Nato è figlia anche di questa consapevolezza».
Che cosa può fare la Nato con Assad?
«Poco o nulla. Almeno finché Russia e Cina mantengono le posizioni attuali.
Bisogna immaginare in fretta un piano B. L’opzione militare è impraticabile».
Eppure William Hague, ministrodegli esteri britannico, ha detto che Londra non esclude un intervento.
«È la storia del poliziotto buono e del poliziotto cattivo. Ci deve sempre essere qualcuno che fa la voce grossa. E d’altra parte è persino facile quando si sa che alle minacce non seguiranno i fatti. Intanto in Siria le cose peggiorano di giorno in giorno».


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