Sanità  pubblica assente. “Chi non può pagare il privato rinuncia a curarsi”

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ROMA – Mantenersi in salute costa. E costa caro. In tempi di tagli – che non hanno risparmiato nemmeno la sanità  – curarsi diventa un lusso. Secondo il “Rapporto sui diritti globali” (vedi lanci precedenti) nel 2012 si pagano 2,18 miliardi in più di ticket rispetto all’anno precedente. Per l’Istat gli italiani spendono 140 euro a testa di ticket per visite (3,2 miliardi), farmaci (1,3 miliardi) e analisi, per una compartecipazione al sistema sanitario nazionale di 4,5 miliardi. Nel 2014 la cifra arriverà  a 6,6 miliardi. Tradotta nella quotidianità , questa maggiore compartecipazione significa che le famiglie meno abbienti tendono a curarsi di meno.
Il fondo sanitario nazionale per il 2012 ammonta a 108,8 miliardi di euro, con un taglio di 7,9 miliardi sul trend fabbisogno complessivo. Nel 2015 il fabbisogno avrà  8.917 milioni di euro in meno. Tra il 2011 e il 2015 il deficit di copertura arriverà  a 17 miliardi. Con meno risorse, il sistema deve fare anche i conti il peggioramento di alcuni aspetti (in primis le liste di attesa).
Tutto questo dà  una spinta alla sanità  privata, cresciuta del 25,5% dal 2000 al 2010 e dell’8,1% solo dal 2007 al 2010. Chi non può rivolgersi al privato, invece, evita le cure (10%). Trova spazio così il mercato – profit e non profit – della sanità  low cost, che cresce del 25% all’anno, garantendo un risparmio sulle prestazioni fino al 60%. “Conveniente, se la sanità  pubblica è in default, ma carico anche di insidie, come quella della crescita di un mercato della salute incontrollato” avvisa il rapporto. (gig)

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