Da piazza Tahrir ora la rivoluzione deve arrivare a scuola

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Le rinascite arabe potranno o meno eliminare i dittatori, ma se non innescheranno una rivoluzione analoga nell’ambito dell’istruzione non riusciranno a consegnare il potere alla nuova generazione. Le rinascite arabe sono scaturite da giovani privi dello spazio, degli sbocchi lavorativi e degli strumenti educativi necessari a realizzare le proprie potenzialità . È stata quella l’energia vulcanica a far saltare il coperchio di Egitto, Tunisia, Siria, Yemen e Libia. E a meno di soddisfare le aspirazioni dei giovani, i partiti islamici che hanno colto quell’occasione per assumere il potere, finiranno come Mubarak e Gheddafi.
Dalia Mogahed, che fa sondaggi per la Gallup, fa notare che in Egitto il sostegno alla Fratellanza e ai salafisti è sceso del 20 per cento da gennaio a oggi. Infatti questi hanno erroneamente interpretato la vittoria parlamentare come un mandato religioso. L’invito a depenalizzare la mutiliazione genitale femminile ha scatenato una violenta reazione.
Quando la Gallup ha chiesto agli egiziani quale partito appoggiassero e quali debbano essere le priorità  del nuovo governo, la risposta, afferma Mogahed, è stata unanime. «Sia per i liberali sia per i conservatori al primo posto c’è il lavoro, poi lo sviluppo economico, la sicurezza e la stabilità . Sono quasi le stesse risposte dell’elettorato americano. Ma se la Fratellanza musulmana interpreterà  la vittoria come un mandato di natura ideologica anziché un voto per un buon governo, perderà  il potere ».
Stando all’indagine condotta nel 2012 da Burson-Marsteller, «i giovani mediorientali hanno due priorità : un buono stipendio e una casa — più che il desiderio della democrazia». Non c’è da stupirsene. Senza un’istruzione adeguata non è possibile ottenere un impiego decente e acquistare un appartamento. E in mancanza di questi requisiti non ci si può sposare. Oggi il numero di giovani arabi che, finita l’università , continuano a vivere con la famiglia d’origine tocca punte da record. Il 25 per cento degli arabi fra i 15 e i 24 anni d’età  sono disoccupati: una moltitudine resa pericolosa dal fatto che si tratta di disoccupati scolarizzati — ma non realmente istruiti. Nelle classifiche internazionali di matematica e alfabetizzazione, le scuole pubbliche arabe sono in fondo alla graduatoria, a causa di un sistema che chiede agli studenti di prendere appunti, ripetere a memoria e, se si desiderano risultati migliori, pagare lezioni private.
Stando a Mona Mourshed, un’egiziana-americana che lavora per la McKinsey e si occupa di istruzione globale, nel mondo arabo il motto «l’istruzione porta alla disoccupazione » prevale su «l’istruzione porta all’occupazione». «Il metodo d’insegnamento è vecchio di secoli, i programmi non forniscono agli studenti le competenze di cui hanno bisogno». Nel mondo arabo, prima che un nuovo dipendente possa diventare produttivo occorrono nove mesi di addestramento da parte del datore di lavoro. L’iniziativa più popolare con cui gli Usa potrebbero sostenere la Primavera araba sarebbe di identificare sei o sette settori produttivi — nella manifattura leggera, nel tessile, nei servizi, nella videoscrittura, ecc — e introdurre programmi di istruzione mirati all’impiego in quei settori.
Giorni fa un drone Usa ha ucciso “il numero due” di Al Qaeda. Il mondo ora è un posto migliore, ma non credo che il presidente Obama capisca sino a che punto gli attacchi dei droni siano considerati il marchio della sua politica nel Medio Oriente. Secondo Mogahed, Obama deve ricordarsi quale evento epocale sia stata la sua elezione. Gli arabi sapevano che nella loro società  ciò non sarebbe potuto accadere; l’impatto è stato enorme sulla percezione di quel che è possibile. «È stata una vittoria simbolica per i valori americani e per l’idea che è possibile affermarsi basandosi solo sui meriti personali, a prescindere dalle proprie origini». Adesso, però, stiamo allontanandoci da quel copione. E a meno di indirizzare gli aiuti destinati ai Paesi arabi ai settori dell’istruzione e dell’occupazione, saremo sempre destinati a uccidere il numero due di Al Qaeda.


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