Ma i giovani disertano le urne: né uno né l’altro

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Ai cancelli della scuola Mohammed Farid di Helwan uomini in tunica e zebiba, il segno della preghiera, aspettano di votare per Morsy. «Ha fatto bene a non ritirarsi. È lui l’uomo della provvidenza» – racconta Rushdy mentre cancella l’inchiostro rosso indelebile, segno del voto effettuato. Ma un sostenitore di Shafiq lo critica e parte un lungo alterco verbale. Poco più avanti, all’interno della scuola Sannaueia Fanneia, una donna in niqab si svela per il riconoscimento. «È Dio a guidare la mia mano» – assicura all’uscita. Dei signori leggono i loro nomi sui grandi fogli affissi nel giardino centrale. Altri si fanno indicare dove votare da uomini della fratellanza, seduti a dei banchetti agli angoli della strada. I seggi si riempiono lentamente, ma l’affluenza appare ancora più bassa del primo turno, quando aveva votato solo il 46 per cento degli aventi diritto. Da Moussa a Shafiq, tutti spingono ad andare a votare. Ma i giovani non raccolgono l’invito. La campagna «Muqataoun» (boicottaggio) conquista i milioni che hanno seguito le rivolte via internet. «Distribuiamo volantini in metro e incitiamo a non votare attraverso blog e twitter» – racconta Hossam della campagna per il socialista Hamdin Sabbahi. Escluso al primo turno pur avendo ottenuto quattro milioni di voti, Sabbahi ha dato libertà  di andare ai seggi o meno al suo elettorato. «Non abbiamo votato per 30 anni e continueremo così, nulla è cambiato» – conclude Hossam. Dal canto suo, Mohammed Morsy, l’uomo della Fratellanza è stato accolto da una grande folla di suoi sostenitori nel seggio di Zagazig a Sharqeya. Sono le sterminate province del Saidi, regno per decenni del Partito nazionale democratico, uno degli ostacoli per la fratellanza. «Pulmann stracolmi di poliziotti in borghese vengono accompagnati ai seggi» – denuncia Libertà  e giustizia in una conferenza stampa organizzata in fretta in via Mansour, al centro del Cairo. Ma le accuse di brogli sono reciproche. «Ho visitato il seggio di Fayoum sabato mattina. È ancora presto per valutare la regolarità  del voto» – spiega al manifesto Senna del Carter Center, tra gli osservatori ammessi ai seggi. Molti stranieri e giornalisti locali hanno subito intimidazioni e accuse da parte di polizia e militari. D’altra parte, nel quartiere popolare di Shubra, quasi tutti votano per Shafiq. Il giudice della commissione elettorale osserva l’aula del seggio della scuola media Ali bin Tabiq. È seduto all’antica scrivania mentre consulta le liste elettorali. Al centro, c’è un banco con un’urna piena a metà , ai lati sono sistemati minuscoli banchetti dove siedono i rappresentanti delle due liste. Alle spalle, hanno vecchi mobili coperti di polvere e nell’angolo una piccola cabina di plastica, divisa in quattro postazioni dove un vecchietto apre la sua scheda. «Voglio uno stato laico e non essere cittadino di serie B» – spiega Peter, giovane cristiano copto con al braccio la sua vecchia madre. A Shubra, i copti si sono mobilitati per votare per Shafiq. Anche qui, non mancano voci opposte. «Non amo Morsy ma lo voto. Voglio voltare pagina» – racconta Midu. I Fratelli musulmani reclamano di avere già  oltre il 60%, ma la battaglia è ancora lunga. La decisione di Morsy di non ritirarsi ha provocato una dura spaccatura all’interno di Libertà  e giustizia. E, secondo la stampa indipendente, il movimento è oggetto di nuove inchieste giudiziarie, legate all’organizzazione internazionale della fratellanza. Shafiq e Morsy contano i rispettivi voti. E mobilitano i loro sostenitori in un contesto di boicottaggio giovanile del voto. Entrambi sembrano pronti a tornare al compromesso, una volta noto il risultato elettorale.


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