Nadia, vita da non salvaguardata “Mi aspettano 5 anni di nulla”
Nadia ha cominciato a correre il 7 dicembre. Una gara a inseguimento come quelle del veloce Achille che nel paradosso di Zenone non riusciva mai a raggiungere la lentissima tartaruga. Nadia insegue la sua età pensionabile. Secondo le vecchie regole, doveva andare in pensione nel 2013. Ci andrà invece, con le nuove, nel 2020. Nadia è un’esodata. Perde sette anni di pensione per un’inezia: venti giorni di lavoro di troppo. Nadia Campioni, 59 anni, in mobilità dal 1 gennaio, ex impiegata della Unilever a Milano lo confessa con sincerità : «Non mi fa paura l’oggi ma l’incertezza sul domani. E mi fa arrabbiare l’ingiustizia: i miei colleghi che sono andati in mobilità tre settimane prima di me, avranno la pensione entro due anni. E’ assurdo».
Nadia non è un caso isolato. Come lei altre migliaia di lavoratori sono rimasti intrappolati nella terra di nessuno creata dall’allungamento dell’età pensionabile decisa con la riforma Fornero. Sono gli esodati non salvaguardati, cioè non compresi nel recente decreto che garantisce a 65
mila lavoratori, quelli andati in pensione prima del 4 dicembre 2011, di usare le vecchie regole pensionistiche. «Con le nuove — spiega Nadia — è una corsa a ostacoli».
Unilever e sindacati avevano firmato un accordo che per 68 impiegati in tutta Italia prevedeva tre anni di mobilità verso la pensione. I primi cinquanta sono andati in mobilità prima della fine di novembre. Ma Nadia e un’altra decina sono andati dopo il 4 dicembre, la data limite per la copertura del decreto Fornero: «Sono andata in mobilità il 31 dicembre e quei 27 giorni li pagherò
carissimi». Secondo le vecchie regole Nadia sarebbe rimasta in mobilità fino al 2014. Nel 2013 avrebbe compiuto i 60 anni, l’età per la pensione. Nel 2014, trascorso l’anno di finestra, avrebbe potuto cessare la mobilità per ottenere il trattamento previdenziale.
«Mi sono accorta subito — ricorda Nadia — che con le nuove regole tutto il castello sarebbe crollato». E infatti. Oggi l’età pensionabile non è più a 60 anni ma a 62 e si incrementa di un anno ogni anno e mezzo. Così a metà 2013 la pensione sarà a 63 anni, a fine 2014 a 64. Nadia insegue ma
non ce la fa. A fine 2014 avrà solo 61 anni. Troppo poco. «Raggiungerò l’età pensionabile a maggio del 2020», rivela sconsolata. Ma il vero problema è che l’assegno di mobilità finirà nel 2015. Per cinque anni, tra il 2015 e il 2020 Nadia rimarrà nella terra di nessuno, senza assegno di mobilità (oggi 900 euro che si ridurranno a 700 il prossimo anno) e senza pensione (che dovrebbe essere intorno ai 1.400 euro netti). E’ questo il prezzo altissimo pagato per venti giorni di lavoro di troppo: «Vorrei sapere che cosa posso fare — spiega — e vorrei avere la certezza che riuscirò ad avere abbastanza per garantire un reddito a me e a mia figlia. Fin da dicembre ho scritto all’Inps, ho chiesto spiegazioni ai Caf ma nessuno è stato in grado di dirmi che cosa sarà di me e delle migliaia di esodati come me che non vengono coperti dal decreto Fornero. L’unica certezza è che non siamo “un allarmismo”, esistiamo davvero e non sappiamo che cosa sarà di noi. Per questo il futuro mi spaventa: chi pagherà le rate dell’università a mia figlia dopo il 2015?».
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