Retate e arresti targati Abu Mazen, l’Anp ora mostra i muscoli
Non è facile decifrare il fermento di questi ultimi giorni nell’Autorità nazionale palestinese (Anp). Il presidente Abu Mazen ribadisce che senza lo stop alla colonizzazione di Gerusalemme Est e della Cisgiordania e la liberazione dei detenuti politici, lui al tavolo delle trattative con gli israeliani non ci torna. A Parigi però, dopo un incontro con il presidente francese Hollande, ha affermato che i palestinesi potrebbero accontentarsi di una adesione all’Onu come «Stato non membro» rinunciando alla richiesta di stato a tutti gli effetti che era stata al centro della sua iniziativa diplomatica lo scorso settembre.
Sul terreno le cose appaiono più chiare. A cominciare dal prossimo arrivo nella regione dell’ammiraglio Paul Bushong, nominato dal Pentagono coordinatore degli Stati uniti per la sicurezza con Israele e l’Anp. Bushong rimpiazzerà il generale Michael Moeller e sarà responsabile per il «rafforzamento» delle forze speciali dell’Anp, chiamate da molti nei Territori occupati come le «Forze Dayton», dal nome del generale Keith Dayton, il primo a ricoprire l’incarico. La notizia è stata data con evidenza anche da Maan News una nota agenzia di stampa online vicina a Fatah, il partito di Abu Mazen. Bushong in Cisgiordania ci verrà per guidare l’addestramento delle unità di elite dell’Anp, come avevano fatto i suoi predecessori Dayton e Moeller.
Queste unità , assieme a reparti della polizia, da alcune settimane sono impegnate in retate a Nablus e Jenin contro criminali comuni e traffici clandestini. L’azione è sostenuta dalle popolazioni locali ma ora comincia a generare qualche malumore, anche di tipo politico, in particolare a Jenin dove le forze di sicurezza dell’Anp non esitano ad usare il pugno di ferro per scovare i responsabili della sparatoria che ha causato l’infarto che un mese e mezzo fa ha ucciso il governatore della città , Qaddura Musa. Tra gli arrestati ci sono anche ex militanti delle Brigate di al Aqsa (Fatah) che da settimane sono di fatto spariti in un centro di detenzione speciale a Gerico. Tra questi c’è anche Zakaria Zubeidi, uno dei leader militari di Fatah nella zona di Jenin durante gli anni più caldi della seconda Intifada palestinese.
Zubeidi è un personaggio controverso. I servizi segreti israeliani avevano cercato di assassinarlo più volte tra il 2002 e il 2007 e lui era riuscito a scampare alla morte più volte. In quegli anni legò il suo nome a quello di Tali Fahima, una pacifista israeliana, arrestata e incarcerata per quasi due anni proprio per aver vissuto a suo contatto. Nel 2007, sulla base di un accordo con l’Anp, Israele promise di non ricercare (ed eliminare) 178 membri delle Brigate di al Aqsa, tra i quali anche la «primula rossa» Zubeidi. Abbandonate le armi, l’ex capo militare tornò alla sua prima passione, il teatro, entrando nell’amministrazione del Freedom Theatre di Jenin, diretto dall’ebreo-palestinese Juliano Mer-Khamis, assassinato misteriosamente lo scorso anno. Zubeidi era stato anche uno dei «bambini di Arna», la madre di Juliano Mer-Khamis, che aveva fatto del teatro un punto di riferimento stabile per i ragazzi del campo profughi di Jenin.
Zubeidi è in carcere perché sospettato di essere coinvolto nella sparatoria contro l’abitazione di Qaddura Musa. È possibile, nessuno può escluderlo. Tuttavia l’ex leader delle Brigate di al Aqsa e gli altri arrestati a Gerico sono tenuti di fatto in «detenzione amministrativa» (senza processo e accuse precise), simile a quella che attua Israele e che da mesi i palestinesi contestano con manifestazioni e lo sciopero della fame nelle carceri. «Gerico è diventata come Guantanamo e l’idea di finire in quella prigione ci fa paura», protesta Abed Zubeidi, fratello di Zakaria. «Ogni giorno tanti palestinesi tornano a casa con le auto danneggiate dai coloni (israeliani). La nostra polizia non fa nulla per proteggerci e ora rivolge le armi verso di noi». Per il nuovo governatore di Jenin, Talal Dweikat, le campagne di arresti in atto servono la causa dell’indipendenza palestinese. «Stiamo dimostrando al mondo che l’Anp è in grado di dirigere le istituzioni del futuro Stato di Palestina», ha spiegato Dweikat. E per portarle avanti, ha spiegato all’agenzia MaanNews un funzionario di Fatah, Jamal Muheisin,l’Anp ha richiesto a Israele nuove armi per le sue forze speciali.
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