La Fiom cauta: «Era impossibile avvisare tutti»

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Che cosa è successo secondo i testimoni oculari? 
«La Rocca su un muletto stava caricando dei rotoli di metallo su un autotreno della ferrovia che entra nella fabbrica. Successo l’incidente, all’inizio i colleghi hanno assistitito il lavoratore. Negli immediati dintorni si sono fermati tutti, si tratta di una zona di confine tra il reparto spedizioni e quello delle finiture. D’altra parte quando sono arrivate le Rsu un’ora e mezza dopo, alle finiture erano tutti fermi anche se lo sciopero non era ancora stato proclamato. Sembra che un operaio abbia saputo che lavorava ancora qualcuno alle spedizioni e abbia passato la notizia fuori. Ma il fatto che molti erano al lavoro può essere dovuto a diversi motivi».
Quali scusi?
«Prima soccorri il lavoratore, ti capaciti di quello che è successo, arrivano pompieri, carabinieri, Asl e vigili del fuoco, il capoturno era con loro che dava spiegazioni e certo non ha avuto tempo di comunicare in giro la notizia. D’altra parte l’azienda occupa un milione e 400 mila metri quadri. Alcuni potevano essere ancora sul carroponte e non sapere niente. Poi alcune lavorazioni hanno bisogno di essere messe in sicurezza, non è che puoi mollare su delle gru dei rotoli di metallo e andartene. Magari stavano riportando a terra i coil. Può essere tutto. Stiamo verificando. Comunque non ho elementi per dire che l’azienda ha obbligato dei lavoratori a lavorare. 
Sì, ma sembra che a lavorare fossero 4 o 5 interinali, magari a rischio contratto…
«Non so dire. Non ci risulta che l’azienda abbia fatto pressioni e la dinamica del fatto è al vaglio della magistratura». 
Sta emergendo che il muletto sul quale era La Rocca non era munito di porte. È cosi’? 
«In effetti abbiamo visto che almeno da una parte mancava la portiera. Ma gli altri muletti in azienda invece ce le hanno, le porte. Quindi anche su questo dirà  la magistratura». 
Ci sono state in passato delle segnalazioni da parte degli operai sulla mancata sicurezza? O incidenti anche se non mortali?
«In uno stabilimento così grosso c’è sempre qualcosa che non funziona. Il rischio zero non può esistere in un siderurgico. Quando ci sono segnalazioni troviamo sempre soluzioni con l’azienda, a volte subito, in altri casi serve del tempo. Però bisogna anche dire che dal ’96 a oggi, quando l’Italsider a Novi dagli anni Cinquanta, è passata al gruppo Ilva, Emilio Riva ha investito parecchio sulla sicurezza, di recente hanno messo su una nuova linea di zincatura. L’Ilva di Novi infatti ha solo il ciclo a freddo, in pratica lamina e zinca e produce coil, rotoli per auto ed elettrodomestici».


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