«Basta polemiche, con il governo per crescere»

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SANTA MARGHERITA LIGURE (Genova) — «Non è il momento di fare polemiche, la situazione è troppo difficile, noi sosterremo tutto quello che il governo farà  nella direzione dello sviluppo». Il presidente degli imprenditori Giorgio Squinzi butta acqua sul fuoco dopo le parole del premier Mario Monti contro i poteri forti e la Confindustria rei di aver abbandonato il governo ma invita tutti a darsi una mossa perché «il tempo delle riflessioni è scaduto, è iniziato quello del fare». Ieri, poi, i dati Istat hanno indicato una produzione industriale ad aprile in calo dell’1,9% su marzo e del 9,2% su base annua: si tratta del ribasso tendenziale più forte da novembre 2009. E la preoccupazione sullo stato dell’economia riemerge nel saluto di Squinzi al convegno di Santa Margherita dei giovani confindustriali quando ricorda di non «aver mai vissuto nella mia vita un momento tanto complicato». E come se non bastasse ecco le cifre della crisi raccontate dal padrone di casa Jacopo Morelli che parla di «42 imprese al giorno che chiudono i battenti». Il rapporto tra imprenditori e governo, dopo il blocco dell’atteso decreto sullo sviluppo annunciato dal ministro Corrado Passera e smontato dalla realpolitik dei conti pubblici, non attraversa una fase ottimale.
Il viceministro dell’Economia Vittorio Grilli nega ci siano stati problemi con Passera e nel suo intervento fatto a braccio sprona le imprese a ritrovare la «forza e l’energia dimostrate nel periodo post bellico, una spinta propulsiva che oggi abbiamo perso». E risponde alle critiche dell’economista Alberto Alesina – «la spending review una delusione, la riforma del lavoro un pasticcio confuso e inefficiente» – promettendo di «stupirlo presto». Con che cosa? Con una rivoluzione del settore pubblico. «La pubblica amministrazione impiega tre milioni e 300 mila dipendenti – spiega Grilli – dobbiamo ridurre questa spesa ridando al privato un pezzo del pubblico». Sarà  una «operazione difficile, un processo delicato e nemmeno indolore, questo governo ha la forza per farlo però dobbiamo volerlo tutti».
Ma nessuno ieri a Santa Margherita ha sfoderato la ricetta vincente. Probabilmente perché non c’è, non esiste. Morelli si appella al primato della politica, al rispetto della legalità , alla volontà  dei giovani di lottare e affermarsi. L’amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni li invita a «rimboccarsi le maniche» visto che in Italia ci sono oltre 2 milioni di immigrati che hanno trovato lavoro e sprona i giovani imprenditori a impegnarsi perché venga cambiata la cultura del lavoro. «Dovete convincere gli italiani — ha affermato Scaroni — che si può vivere bene in questo Paese anche senza l’articolo 18». Così come Alesina critica gli stessi imprenditori, troppo spesso legati a logiche familiari, a scegliere bravi manager. Con una nuova stoccata al governo: «Smettiamola di parlare di infrastrutture, strade, ferrovie, occorre puntare sul capitale umano».
I soldi comunque non ci sono ed è folle pensare di essere usciti dall’emergenza. Lo spiega bene Grilli quando ricorda che «a novembre, dicembre, gennaio c’era la percezione che la situazione era gravissima poi ci siamo abituati». Ma è sbagliato «siamo ancora in grande emergenza, e l’Italia non può andare sul mercato a chiedere soldi con il nostro livello di debito pubblico». Questo fino a quando l’Italia «non convince gli investitori internazionali che stiamo agendo a 360 gradi». I guai dell’Italia però non si risolvono solo con il controllo dei conti. «Abbiamo introdotto troppe false tutele — continua il viceministro — troppi vincoli amministrativi, il Paese è troppo frammentato, tra uomini e donne, tra pubblico e privato, tra Nord e Sud». Si deve prendere atto che questo modello non funziona più.
Tutto da rifare dunque? Grilli tocca anche qualche tasto positivo. Il primo è quello delle banche: «La Gran Bretagna ha dovuto immettere nel sistema creditizio il 50% del suo Pil, la Germania il 17%, noi nulla». L’industria italiana è presente in tutti i mercati innovativi e «siamo il secondo Paese manifatturiero dopo la Germania». Insomma non tutto è perduto ma forse ha ragione Squinzi, il tempo dei ragionamenti è finito.


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