Se cade la moneta di Putin
Pericolosamente vicino alla soglia di 38,15 rubli che è il limite massimo di fluttuazione all’interno di un corridoio stabilito dalle autorità (la soglia minima è di 32,15 rubli). Ciò, nonostante il fatto che durante lo scorso weekend il primo ministro Dmitri Medvedev abbia ordinato alla banca centrale di vendere valuta estera per sostenere la moneta. Un intervento che è stato letto come un segnale che Mosca non vuole infrangere la barriera dei 38,15 rubli ma che non ha placato il nervosismo, soprattutto dopo la decisione della major del petrolio Bp di uscire dalla grande joint venture che ha in Russia, Tnk-Bp.
Ufficialmente la banca centrale imputa la caduta del rublo alla riduzione del prezzo del petrolio, ai riflessi che derivano dalla crisi europea del debito e dalla caduta dei valori azionari. In realtà — notano gli analisti — la svalutazione è stata di proporzioni maggiori di quanto sarebbe giustificato dalle aspettative di minori introiti dalle esportazioni di energia. La realtà è che, nel primo trimestre dell’anno, dalla Russia si è registrata una uscita di capitali per 35 miliardi di dollari. La decisione di Bp di abbandonare il Paese si è sommata alla sfiducia già forte gli investitori. La fine che farà la quota di Bp in Tnk-Bp — cioè il ruolo che vi giocheranno gli oligarchi vicini al Cremlino — sarà un nuovo test sui modi di fare business nella Russia del Putin calante.
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