«Rischiamo un nuovo impero tedesco con una periferia povera e indebitata»
TRENTO — Il prossimo «impero tedesco» potrebbe nascere da una catena di errori. Non per il disegno della nuova classe dirigente della Germania unita, né come prodotto inevitabile dell’euro. Semplicemente, la miopia con la quale si continua a procedere nella crisi europea può portare in questo vicolo cieco.
George Soros, uno degli investitori di maggior successo degli ultimi trent’anni, fra i pochi al mondo la cui lingua madre sia l’esperanto (suo padre fu uno scrittore esperantista) ha conosciuto bene la Germania nazista. Sopravvisse nascondendosi a Budapest mentre mezzo milione di ebrei ungheresi come lui venivano sterminati; dal ’47 studiò poi con Karl Popper a Londra, quindi andò a Wall Street deciso a guadagnare abbastanza per potersi mantenere come autore e filosofo. Quando parla di «impero», Soros per primo sottolinea che la Germania di oggi è democratica e non aggressiva. Eppure pronuncia una parola che nessuno si aspettava più di associare al più grande Paese d’Europa.
In che senso lei parla di impero tedesco?
«La Germania farà ciò che serve per preservare l’euro, ma giusto questo: niente di più. Le differenze fra la sua economia e quelle dei Paesi indebitati possono continuare a crescere e la periferia europea trovarsi costantemente in difficoltà e bisognosa di aiuti. Una zona euro di questo tipo può diventare un impero tedesco, con la periferia come retroterra».
Davvero crede che i tedeschi del Ventunesimo secolo perseguano aspirazioni del genere?
«No. Non vedo i segni di un’intelligenza dietro questi sviluppi. È la tragedia di una serie di errori. È ciò che accade quando, di fronte a una decisione da prendere, si sceglie sempre di seguire la linea di minore resistenza».
Quando si è convinto che lo scenario dell’«impero tedesco» è diventato possibile?
«L’ultima volta che sono stato in Germania. Ed è stato uno choc. Ma la linea di minore resistenza nel reagire alla crisi porta proprio lì: la Germania farà sempre qualcosa per impedire che l’euro vada in pezzi, se non altro perché altrimenti entro la fine di quest’anno la Bundesbank si ritroverebbe con oltre mille miliardi di crediti quasi del tutto inesigibili nei confronti della periferia europea. L’euro può sopravvivere. Ma l’Europa si allontana dal sogno di una società aperta nel quale credevo: tutto per colpa degli errori delle autorità nel gestire gli squilibri fra Paesi debitori e creditori».
Lei lamenta che le distanze crescono. Ma che colpa ha la Germania se l’Italia o la Spagna non sono competitive?
«Bisogna guardare il contesto. In questa fase si sta formando un’unione bancaria in Europa, però resta il problema del debito pubblico e del premio di rischio che i governi devono pagarci sopra. Se l’Italia e la Spagna continuano a pagare vari punti percentuali più della Germania, come possono recuperare competitività ?».
Come affronterebbe il problema?
«Creando un cordone di sicurezza attorno a Spagna e Italia nel caso in cui la Grecia esca dall’euro. Se il premio di rischio sull’Italia scendesse, per Mario Monti sarebbe più facile proseguire le riforme perché gli italiani ne vedranno i benefici grazie al calo dei tassi. È per questo che la Banca centrale europea deve tenersi pronta a comprare vaste quantità di debito pubblico. E per garantirla, il fondo salvataggi deve impegnarsi a coprire eventuali perdite della Bce sui bond sovrani che avrà acquistato».
Crede che accadrà ?
«I governi e la Bce dovrebbero farlo, ma non me lo aspetto. Non sono pronti a pensare fuori dalle gabbie. Maastricht è la loro gabbia, la realtà oggi ne è molto lontana ma loro vogliono spingerla di nuovo lì dentro a forza. E l’unico modo per farlo sarebbe proprio disfarsi delle gabbie mentali».
Ha provato a convincere i responsabili politici in Europa?
«Ne ho parlato di recente con un politico tedesco fra i più europeisti. Mi ha risposto che capisce il mio argomento, ma che devo rendermi conto dei limiti e dei vincoli entro i quali si deve muovere un governo. Sono proprio questi limiti, temo, che impediscono alle autorità di capire in pieno in che razza di situazione ci troviamo».
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