Otto Katz La spia
Otto Katz è stata una spia molto speciale, che ha lavorato in un’epoca anch’essa molto speciale: la prima metà del Ventesimo secolo, il più atroce che l’umanità abbia mai conosciuto. La sua anomalia non stava nelle molte vite che aveva attraversato: agente del Cremlino, apprendista mistificatore nella Berlino degli anni Venti; talpa in Inghilterra, quando si incontrava con le spie di Cambridge e con Noel Coward, il famoso autore e interprete di teatro che lavorava segretamente per i servizi anglosassoni, come molti personaggi del cinema e della letteratura; giornalista nella Parigi dei grandi alberghi e degli scrittori; star ad Hollywood ammirato dai più famosi attori del momento; cinico esecutore di ordini brutali durante la guerra di Spagna; rivoluzionario di genere cucaracha in Messico. In queste differenti interpretazioni, era stato aiutato da un sicuro talento di attore e di drammaturgo, riconosciuto anche da Bertolt Brecht. Ma dietro ogni perfomance, ed esaurite tutte le maschere, usciva sempre fuori intatta l’identità dello spione sovietico: uno che doveva rispondere a Stalin e a nessun altro.
Era nato a Praga, da famiglia benestante. Il suo percorso, fin dall’inizio, era stato quello dell’ebreo cosmopolita, intellettuale e multilingue che si trovava a suo agio in tutti posti, ma non apparteneva a nessuno. Chi lo aveva incontrato allora si ricordava di un giovanotto aitante e brillante che diffondeva intorno onde fascinose. Sembra che esercitasse un’attrazione immediata sulle donne di qualsiasi classe: ne aveva sempre più di una che gli girava intorno e che si metteva subito al suo servizio come informatrice. È un peccato che nella bella biografia scritta da Jonathan Miles, The Nine Lives of Otto Katz, pubblicata da Bantam Books e uscita di recente, non ci sia un capitolo che parli dei suoi rapporti con «le signore del Cremlino», come venivano chiamate alcune audaci e bellissime aristocratiche russe passate al comunismo per salvare la pelle, per spirito d’avventura o per denaro, di cui Otto si era servito più volte: la baronessa Moura Budberg che era stata amante di Gorkij e di H. G. Wells, lo scrittore inglese, la formidabile Maria Pavlova Koudachova e varie altre.
Molti conoscevano Katz o avevano avuto a che fare con lui sotto altri nomi. Quando si trattava di eseguire lavori di bassa manovalanza criminale, da sempre il pane quotidiano del mondo dello spionaggio, preferiva che il suo vero nome non comparisse. Ma per i grandi progetti era sempre Otto Katz, un imprendibile antifascista nemico dei nazi, un eroe che organizzava le marce per la pace, che metteva in piedi dal nulla fronti in difesa della libertà , che scriveva e stampava libri per denunciare le infamie di Hitler. Costruita con grande abilità , questa immagine totalmente inventata resse per molti anni fino a quando il patto Molotov-Ribbentrop non rivelò che i russi, maestri del doppio gioco, avevano continuato a mantenere una cooperazione clandestina con Hitler, servendosi dei servizi segreti tedeschi e di un immenso materiale cartaceo, tutto falso e prefabbricato, da adoperare durante le purghe interne dell’Unione sovietica (Il maresciallo Tukhachevskij venne eliminato da Stalin servendosi di prove fabbricate dalle SS.)
Da giovanissimo Katz era solo un giovanotto con simpatie di sinistra come tanti. La svolta era avvenuta negli anni Venti a Berlino dove aveva fatto i due incontri più importanti di tutta la sua vita. La città veniva dipinta dai giornali come un concentrato di Sodoma e di Gomorra con centotrentadue caffè omosessuali registrati dalla polizia e migliaia di ragazzine minorenni che si prostituivano per un bicchiere di Kummel. Lo scrittore inglese Christopher Isherwood, futuro autore di Addio a Berlino, diceva di provare una sorta di «eccitazione nauseabonda» ogni volta che entrava in questi locali. Ma Berlino non era più corrotta di altre città : era semplicemente traumatizzata dalla sconfitta nella Prima guerra mondiale. I tedeschi tentavano di liberarsi dagli immensi sensi di colpa immergendosi nei vizi con teutonica e ordinata precisione, in una deboscia che sembrava una esercitazione militare. Una sera, in un locale tra i più malfamati, Katz aveva incontrato una bionda dalle gambe perfette e dal fascino androgino che cantava con voce roca una canzone intitolata Ho lasciato una valigia a Berlino e ne era rimasto folgorato. Anche se la relazione durò solo qualche mese Otto continuò per anni a ripetere agli amici che lui e Marlene Dietrich, così si chiamava la cantante dalla voce roca, si erano sposati. Qualsiasi fosse la verità sul presunto matrimonio, questo non aveva influito sulle abitudini sessuali dell’attrice che continuava ad andare a letto con tre differenti partner al giorno, come ha lasciato scritto nei diari.
Tra le numerose sue doti, Katz aveva anche quella di farsi amici importanti con fulminea rapidità . A Praga aveva conosciuto Werfel e Kafka. A Berlino, dopo pochi mesi, lo si poteva incontrare seduto al caffè Romanisches accanto a George Grotz e a Bertolt Brecht e al giovane Billy Wilder in partenza per l’America. Ma il pezzo forte della sua collezione era un tedesco della Turingia estremamente intelligente, che durante la Prima guerra mondiale aveva lavorato con Lenin a Zurigo e lo aveva accompagnato a quel famoso vagone piombato che avrebbe portato Vladimir Ilijc alla stazione Finlandia di San Pietroburgo. Si chiamava Willi Mà¼nzenberg e la sua professione era quella di maestro delle mistificazioni. Tra i tanti suoi ammiratori c’era anche il dottor Goebbels, quello che estraeva sempre la pistola alla parola cultura. Goebbels, altra bella tempra di mistificatore, era entusiasta del tocco da mago Bustelli di Willi che estraeva dal cappello a cilindro balle clamorose che avevano l’aspetto di verità rivelate. Katz entrò subito nel giro di Mà¼nzenberg che lavorava per il Cremlino a tempo pieno. Si diceva che avesse straordinarie doti finanziarie e da speculatore capitalista, dotato di qualcosa di simile al tocco di re Mida. Questa conoscenza del mondo degli affari, piuttosto insolita per un comunista, spiegava il suo alto tenore di vita e le costose iniziative editoriali attraverso cui diffondeva le sue ricostruzioni. Ma la verità tenuta nascosta per non smentire la leggenda metropolitana era che Lenin avesse consegnato a Willi, al momento di mandarlo a spiare nell’Europa democratica, un sacchetto contenente grossi diamanti per centinai di carati sequestrati a un paio di famiglie aristocratiche mentre tentavano di fuggire da Odessa in battello.
Dopo pochi mesi dall’incontro Katz andò a Mosca per il necessario apprendistato e qui si rese subito conto di come il regime tenesse stretta in una morsa di terrore la popolazione russa, che in quegli anni moriva di fame per imprevedibili sventure come la carestia e per altre sciagure molto più prevedibili e volute dagli umani, come i piani quinquennali. Ma per ragioni ancora oggi indecifrabili, il fatto che conoscesse perfettamente la situazione in Russia non influì affatto sulla sua decisione di rimanere all interno del campo comunista, che di comunismo non aveva nulla. Fino all’ultimo è stato fedele a quel regime delle cui infamie aveva le prove. Un enigma che non ha riguardato solo lui, ma migliaia di giovani di tutti i paesi che si bendavano gli occhi per non vedere e non sentire.
Da Mà¼nzemberg Katz aveva imparato la difficile arte della seduzione, adoperando tutte le armi di una contorta dialettica. La sua abilità era convincere gli uomini di cultura occidentali che l’etica era un’espressione della politica e che quello che importava era stare dalla parte giusta. Chi sceglieva il comunismo non doveva aveva altre preoccupazioni: era difeso automaticamente dal sistema in cui i buoni erano già stati sistemati a sinistra e i cattivi a destra. Tra la fine degli anni Venti e la fine dei Trenta la coppia Mà¼nzemberg-Katz organizzò una serie impressionante di marce, di fronti per la libertà e per la pace, di incontri, convegni, libri bianchi, facendo credere che il comunismo fosse una panacea universale. Ogni accusa di qualsiasi genere veniva respinta come infantile, reazionaria o contro la storia: il destino manifesto stava nel comunismo. È incredibile il numero di persone che Katz riuscì a portare sotto la sua influenza: Hemingway, Steinbeck, Malraux, Gide, Picasso, Dorothy Parker, Grosz, Dos Passos, Brecht, Lillian Hellman, Dashell Hammett e Beatrice Webb. L’apoteosi venne raggiunta quando l’agente arrivò a Hollywood durante la guerra civile spagnola per raccogliere denaro destinato ai repubblicani e che invece prese la via di Mosca. Otto venne accolto e applaudito non solo da attori come Charlie Chaplin, Fredric March, Groucho Marx ma anche dai movie mogul come Samuel Goldwyn, David O. Selznick e Irving Thalberg. La sua popolarità nel mondo del cinema era così grande che qualche anno più tardi si ritrovò nel film Casablanca, sotto le vesti di Viktor Lazlo, intemerato eroe antifascista.
Il patto Molotov-Ribbentropp spazzò via l’illusione che ci fosse un paese, l’Unione Sovietica, retto da illuminati governanti che avevano realizzato una società giusta al suo interno e magnanime verso l’Europa. E tutti quelli come Willi si trovarono spiazzati dal “contrordine compagni”. Ma non ebbero il tempo per rifletterci sopra.
Mà¼nzenberg, che era stato talmente incauto da definire il patto un «tradimento» di Stalin in presenza di funzionari sovietici, fu costretto a rifugiarsi in Francia. E negli stessi giorni in cui i tedeschi stavano invadendo il paese, il suo corpo venne trovato in uno stato di semidecomposizione ai confini con la Svizzera.
Anche Otto cominciò ad avere delle difficoltà . Non sembrava il tipo che si facesse delle illusioni, eppure, invece di scomparire o di andare a rifugiarsi in qualche lontano paese dell’America latina, come i suoi nemici nazi, ritornò a Praga, la sua città natale, sperando che l’entourage di Stalin si ricordasse della sua fedeltà e di come avesse sempre obbedito senza discutere. Non sapeva che Stalin aveva sempre detestato la sua aria da cosmopolita ed era dubbioso che un tipo simile avesse potuto mantenere inalterata la purezza ideologica.
Sessant’anni fa, alla fine del 1952, venne coinvolto nel processo a Rudolf Slanskij, l’ex segretario del Partito comunista cecoslovacco caduto in disgrazia. Fu torturato, condannato e infine impiccato. Era una fine preannunciata lo stesso giorno in cui aveva iniziato la sua carriera di spia di Stalin.
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