Disoccupazione record Tra i giovani sale al 35,7%

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Gli occupati a tempo pieno perdono 415 mila unità  in un anno. Questa categoria statistica comprende sia i contratti a tempo indeterminato sia gli autonomi full-time. Gli occupati a tempo parziale continuano a crescere del 9,6%, pari a oltre 334 mila unità . 
Non è un buon segno perché si tratta di un part-time involontario, 
di uomini e donne che hanno perso l’impiego stabile e si arrangiano con quel che trovano ROMA — La disoccupazione sfonda il muro del 10%, e con una velocità  preoccupante e senza precedenti. In un anno il numero dei senza lavoro aumenta del 30%. Sono stati bruciati 646 mila impieghi, portando il numero dei disoccupati a 2 milioni e ottocentomila. Bisogna tornare al 1993, l’annus horribilis dopo la svalutazione della lira (1992), per trovare un tale esercito di disoccupati. Lo comunica l’Istat fornendo i dati del primo trimestre dell’anno e confrontandoli con quelli dell’anno scorso. Il tasso di disoccupazione si attesta dunque al 10,9%, in aumento di 2,3 punti nell’arco di 12 mesi e ponendosi al top dal primo trimestre del 1999. I dati sono impressionanti e riguardano in modo lineare tutte le categorie di contratti sia precari che a tempo indeterminato.
Per i giovani tra i 15 e i 24 anni si tratta di una epidemia: la disoccupazione sale dal 29,6% di marzo 2011 al 35,9% con un picco del 51,8% per le giovani donne del Mezzogiorno. Anche per questi numeri bisogna rimettere indietro al 1993 le lancette del tempo. I dati sopra riportati sono grezzi, se destagionalizzati (cioè adeguati al numero dei giorni lavorati) migliorano di qualche decimale ma restano gravi e si inseriscono in un quadro recessivo forse peggiore del previsto. Lo stesso ministro del Welfare Elsa Fornero — che insieme al premier ieri ha firmato il decreto interministeriale per risolvere il problema dei primi 65 mila esodati — ha commentato che si tratta di «dati molto brutti e che devono essere motivo per lavorare, e lavorare molto perché la situazione migliori».
Tutti i settori soffrono. Anche l’industria finisce per interrompere il recupero avviato l’anno scorso, registrando un calo tendenziale dello 0,7% (-31 mila unità ) concentrato nelle imprese di medie dimensioni con picchi negativi dell’edilizia che per il sesto trimestre consecutivo registra un calo tendenziale degli occupati (-4,5%) pari a 84 mila unità . Si salva solo il terziario con un lieve recupero dello 0,2% concentrato tra gli adulti e tra gli occupati a tempo parziale. L’Istat rileva che la crisi riguarda tutto il territorio nazionale e sia gli uomini che le donne. Anche il tasso di occupazione degli italiani, generalmente basso rispetto alla media europea, cala ancora di più passando dal 56,2 al 56,1%. Scende anche quello degli stranieri dal 62,4% al 60%. Gli occupati a tempo pieno perdono 415 mila unità  nell’arco di un anno. Questa categoria statistica comprende sia i contratti a tempo indeterminato sia gli autonomi full-time. Gli occupati a tempo parziale continuano invece a crescere, in misura eccezionalmente forte del 9,6%, pari a oltre 334 mila unità . Ma non è un buon segno perché si tratta di un part-time involontario, di uomini e donne che hanno perso l’impiego stabile e si arrangiano con qualche lavoretto.
Lo scenario dipinto dai tecnici dell’Istat ha colpito tutti, destra e sinistra, impresa e sindacati, eccetto il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi secondo il quale i «dati forniti dall’Istat lasciano il tempo che trovano»: più importante, dice, trovare soluzioni. Invece per l’ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi le cifre sulla disoccupazione «sono angoscianti per la dimensione raggiunta e soprattutto per la velocità  del trend negativo». «Questi dati indicano — spiega Sacconi — che è in atto qualcosa in più di una recessione, una profonda depressione che rattrappisce ogni giorno di più la propensione ad intraprendere e ad assumere».
Per il segretario generale della Cgil Susanna Camusso questa situazione «è la conseguenza di un Paese in recessione e di scelte politiche che non fanno nulla per contrastare gli effetti recessivi». Insomma basta rigore e via a una politica sviluppista. Per il leader di Rifondazione comunista Paolo Ferrero «la cura Monti sta uccidendo il Paese». Sullo sfondo di questo dramma (e in aprile sembra peggiorare, ndr), la riforma del lavoro è sbarcata da ieri alla Camera dove Pd e Pdl — anche se per motivi opposti — ne chiedono profonde modifiche. Fornero, preoccupata che ulteriori ritardi possano influire sullo spread con la Germania, ha voluto mandare un messaggio conciliante ai partiti di maggioranza: «Appena sarà  legge attiveremo un monitoraggio sul funzionamento, e se non va la modificheremo in modo da aumentare produttività  e occupazione».


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