Bruxelles lancia l’allarme “Rischiamo la disintegrazione”
BRUXELLES – Nonostante il sì irlandese alla ratifica del fiscal compact, i mercati europei hanno chiuso male una settimana pesante, segnata da troppe incertezze e troppi nervosismi per la tenuta dell’euro e per i rischi che incombono su Grecia e Spagna. Le principali Borse europee hanno chiuso in negativo. Peggiore Francoforte (-3,42%), seguita da Parigi (-2,21), Londra (-1,14) e Milano (-1,04). Male anche Wall Street: Dow Jones -2,22%, Nasdaq -2,82. A incoraggiare le vendite sono stati i dati sulla disoccupazione Usa, che torna a salire raggiungendo quota 8,2 per cento. E quelli europei, resi noti ieri, non sono migliori: 11 per cento con un aumento di 110 mila senza lavoro, di cui un terzo solo in Italia.
Ma è il nervosismo che circonda la tenuta dell’euro a fare da sfondo alle oscillazioni dei mercati. La prova è uno spread ancora molto alto. Quello italiano è a 457 punti, quello spagnolo addirittura a 534, mentre al contrario i tassi di interesse dei titoli tedeschi e francesi stanno nuovamente toccando record di ribasso, segno che gli investitori sono disperatamente alla ricerca di porti considerati sicuri.
Nonostante questi dati, ieri dal ministero del Tesoro sono arrivate dichiarazioni tranquillizzanti. Secondo Maria Cannata, direttore generale del debito pubblico, l’Italia ha già collocato un po’ più della metà dei 450 miliardi di buoni del tesoro che dovrà emettere quest’anno. E lo ha fatto ad un costo inferiore di dieci miliardi alle previsioni formulate dal governo a dicembre e in linea con le previsioni di aprile. Anche il fatto che il Tesoro non abbia collocato il massimo dei titoli disponibili all’asta di mercoledì scorso, secondo la dirigente, non è un fatto preoccupante: «Non bisogna drammatizzare, solo nel trenta per cento delle aste si arriva a piazzare il massimo dell’offerta».
Ma i mercati riflettono le difficoltà che i leader europei stanno incontrando nel mettere a punto una strategia in difesa della moneta unica. Il New York Times in un editoriale li attacca duramente accusandoli addirittura di “complicità ” nella crisi: «quello che manca sono politici che abbiano il coraggio di dire ai propri elettori la cruda verità su quello che sta accadendo e su quello che bisogna fare». Durissimo anche il commissario agli affari economici Olli Rehn, che ieri ha ribadito l’allarme già lanciato nei giorni scorsi: «Alla luce di ciò che sta succedendo e con l’attuale struttura, l’Eurozona corre il rischio concreto di disintegrarsi».
Lunedì è previsto un incontro tra la Merkel e il presidente della Commissione, Barroso. Mercoledì Rehn incontrerà i banchieri dell’Institute of International Finance, la lobby che riunisce i dirigenti delle maggiori banche mondiali. Sul tavolo del prossimo vertice di giugno c’è il cosiddetto “piano Draghi” per la creazione di una “unione bancaria”, che centralizzi a livello europeo la sorveglianza del settore bancario, le garanzie sui depositi, il fondo per la liquidazione delle banche in crisi e che consenta all’Esm, il fondo salva stati, di intervenire direttamente per ricapitalizzare gli istituti più esposti alla crisi.
Ma il progetto, sostenuto dalla Commissione, dal Fondo monetario internazionale e da numerosi governi, continua a scontrarsi con le resistenze della Germania. «Non vediamo come questo tipo di proposte possano, a breve termine, aiutare a superare la crisi», ha dichiarato ieri un portavoce del ministero delle finanze tedesco. Il settore bancario tedesco resta fortemente contrario ad una centralizzazione sia della sorveglianza sia delle garanzie sui depositi. E i politici di Berlino continuano, per ora, a opporsi ad un intervento dell’Esm a favore delle banche.
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