Una profonda ferita del patrimonio artistico

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In una giornata terribile, alle vittime del terremoto che aumentano ora dopo ora, si aggiunge il dramma della memoria e identità  storico-artistica di un territorio molto vasto che si sbriciola sotto gli occhi della sua comunità . Una nuvola grigia di polvere e macerie ha ingoiato la facciata del duomo di Mirandola e la chiesa di san Francesco, così come parte del duomo di Carpi (il parroco, in un primo momento creduto morto nel crollo, è ferito ma vivo). 
Nella micidiale infilata di scosse molto forti che hanno caratterizzato questo secondo sisma, i monumenti già  lesionati non hanno resistito più, come l’antica chiesa di san Possidonio. A Cento il tetto del teatro comunale si è accartocciato. E nel pomeriggio funesto, nei comuni intorno all’epicentro venivano torri, campanili, facciate di chiese che implodevano, balaustre, cornicioni di palazzi storici. A Finale Emilia la Rocca estense, già  gravemente danneggiata, ha avuto cedimenti imponenti. L’architetto Antonella Pasqua Recchia, segretario generale del Mibac ha definito la situazione «disastrosa». La ferita al Medioevo e Rinascimento è profonda. La mappatura dei danni del precedente terremoto è da buttare via. Tutto da rifare. E al momento i sopralluoghi, dicono i soprintendenti, sono quasi impossibili ovunque. La «zona rossa», questa volta, è molto estesa e le ispezioni sono rese difficoltose dal continuo tremare della terra. Località  come Cavezzo sono per il 75% rase al suolo e le strade sono deserte fin dalla prima mattina. 
Carla Di Francesco, direttore regionale Beni culturali e paesaggistici dell’Emilia Romagna fa un giro di ricognizione nella città  dei Pico con i carabinieri e intanto raccoglie le segnalazioni che arrivano dagli paesi intorno a Modena. «Imprudente – afferma – dire come e dove ricostruire». San Francesco, a Mirandola, è venuta giù: resta inclinata la facciata, ma il suo interno è un cumulo di detriti. La chiesa, un complesso comprensivo di un convento, è uno dei monumenti più antichi della città , già  presente nel primissimo assetto urbano risalente al Duecento. È una delle prime chiese francescane costruite in Italia subito dopo la canonizzazione del santo e venne risistemata nel XV secolo. L’importanza dell’edificio è inoltre dovuta al suo ruolo di Pantheon della famiglia Pico.
A Modena, anche il soprintendente Stefano Casciu tenta un primo, provvisorio bilancio degli ingenti danni. Il Duomo di Lanfranco e Wiligelmo è chiuso al pubblico ma non sembra aver subìto altre lesioni, se si esclude lo spostamento di mezzo centimetro – dovuta al precedente episodio sismico del 20 maggio – della Ghirlandina, nome con cui è tradizionalmente conosciuta la torre campanaria del Duomo, alta più di 86 metri. Modena – dopo aver sfiorato la tragedia con la caduta della palla di granito che decorava la sommità  della chiesa del Voto – ha serrato tutti i suoi musei, la biblioteca civica e la Galleria d’arte contemporanea di Palazzo santa Margherita.
Preoccupa anche lo stato del patrimonio di Mantova. Alle 12 e 56, durante la seconda scossa più forte, il cupolino del campanile della basilica palatina di Santa Barbara – che fa parte della reggia dei Gonzaga – è crollato. Il campanile era già  finito fuori asse con il terremoto delle nove del mattino. Si sono registrati danni – non ancora calcolati nella loro entità  – a Palazzo Te (costruito tra il 1524 e il 1534 su commissione di Federico II Gonzaga, è l’opera più celebre di Giulio Romano) e al museo diocesano, chiuso insieme al Palazzo della Ragione e al Tempio di San Sebastiano. La meravigliosa Camera degli sposi, affrescata da Andrea Mantegna (situata torrione nord est del Castello di San Giorgio) aveva resistito al primo colpo e non ci sono notizie di danni sopraggiunti.
A Padova, risulta illesa la Cappella degli Scrovegni con gli affreschi di Giotto, mentre per tutto il pomeriggio ci sono stati accertamenti all’interno della Basilica del Santo: qui si sarebbero accentuate le lesioni alla struttura già  messa a dura prova dal terremoto di dieci giorni fa. A rischio soprattutto le due cupole verso la facciata. 
Nulla di sa delle opere mobili, arredi, statue e dipinti posti all’interno delle chiese danneggiate o crollate. Bisognerà  scavare fra le macerie, ma la priorità , naturalmente, è per le vite umane. L’«ospedale» dell’arte è stato allestito nel Palazzo Ducale di Sassuolo: è qui che le opere ricevono i primi soccorsi dei restauratori. Compreso quel trittico ligneo cinquecentesco di Bernardino Loschi, rimasto a penzolare nell’abside squarciata della chiesa di san Felice sul Panaro e salvato in modo spettacolare dai vigili del fuoco qualche giorno fa.


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