Marilyn: Il mistero di Norma Jeane resta intatto

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Domani notte Marilyn Monroe compirebbe 86 anni, se non fosse morta cinquant’anni fa. In questo mezzo secolo una miriade di artisti ha cercato di resuscitare la più grande star di ogni tempo, con film, romanzi, quadri, poesie, musica. Diciamo subito che il film Marilyn non è fra i tentativi di resurrezione meglio riusciti. Per la verità , neppure fra i peggiori. È un film minore, scritto e girato in maniera convenzionale, assai ben recitato, ma insomma inadeguato a raccontare uno dei grandi personaggi e dei grandi misteri del secolo, Norma Jeane Mortenson (poi Baker), in arte Marilyn Monroe. 
Nelle intenzioni probabilmente la produzione Wenstein intendeva ripetere l’operazione di Il discorso del Re. Prendere una storia vera e laterale per raccontare un’epoca e il suo mito. Ma nel confronto con il bellissimo film di Tom Hooper, premiato con una dozzina di nominations e quattro Oscar l’anno scorso (miglior film, regia, miglior protagonista a Colin Firth e miglior sceneggiatura al geniale David Seidler), Marilyn si salva soltanto per un elemento, l’alto livello del cast. Per il resto la regia di Simon Curtis è un po’ troppo nello stile degli (ottimi) sceneggiati televisivi della Bbc, così come la scrittura, debole e convenzionale. 
La storia è tratta da un paio di libri di memorie di Colin Clark, regista di documentari, al quale da ventitreenne, nel 1956, era capitato di lavorare sul set de Il principe e la ballerina, accanto a Marilyn e al più grande attore teatrale del secolo, Sir Laurence Olivier. Nel primo libro, Clark racconta il rapporto disastroso fra la Monroe e Olivier. Nel secondo, dopo aver finto una serie di scrupoli molto british, l’autore rivela la sua storia d’amore di una settimana con la star. Inutile dire che i due libri, ovviamente soprattutto il secondo, sono diventati bestseller, grazie al bollino «storia vera». La letteratura, si sa, è morta da tempo. Questo non toglie che siano piuttosto mediocri, superficiali e furbescamente melodrammatici. Così come la scrittura del film, curata dallo stesso Colin Clark e da Adrian Hodges. 
Marilyn e Laurence Olivier sono più o meno due macchiette. L’attrice sex symbol infantile e seducente, esibizionista e nevrotica, dotata di un talento animale ed erotico travolgente, ma incapace di recitare davvero ed eterodiretta dalla devota Paula Strasberg, una via di mezzo fra un’insegnante di recitazione e un’assistente sociale. Il divino Olivier è un terrificante narciso, scostante e iracondo al limite del sadismo. È davvero un miracolo come, a partire da tanti luoghi comuni, la splendida Michelle Williams riesca a rievocare a tratti sulla scena la luminosa magia della vera Marilyn. Notevole è la prova di Kenneth Branagh nei panni di un Laurence Olivier al quale assomiglia molto poco, ma che imita meravigliosamente nei toni e nei vezzi nella versione originale. 
In mezzo ai due giganti s’affanna il giovane Eddie Redmayne, un Colin Clark sorridente, gentile e piuttosto evanescente. Si riscatterà  sul finale con una delle poche frasi intelligenti del film, detta alla Monroe-Williams: «Sir Laurence Olivier è un grande attore che vorrebbe essere una star del cinema, lei è una grande star che vorrebbe essere una grande attrice. Questo film non aiuta nessuno dei due». Nei ruoli minori spiccano la straordinaria Judi Dench (Sybil Thorndike) e la sorprendente Emma Watson, proprio la celebre Hermione di Harry Potter, nella parte di Lucy, giovane sarta di scena innamorata di Colin.
Ora, si sono fatti capolavori del cinema con attori sconosciuti, a patto di avere una grande regia e una grande scrittura. Ma se mancano questi, non basta allestire un cast portentoso per fare un bel film. Il principe e la ballerina, per restare in argomento, ne era una dimostrazione. 
Della visione di Marilyn, una volta applauditi gli attori, resta davvero poco. Qualche immagine oleografica della campagna inglese, alcune scene di folla adorante, due o tre guizzi comici, un paio di scene d’amore. La Monroe del film è una star certo in grado di spezzare in una settimana e per sempre il cuore di un ragazzo inglese. Quella reale, un’aliena piovuta per 36 anni sulla terra da qualche lontana stella, sulla quale si sono interrogate tre o quattro generazioni, conserva intatto il proprio mistero.


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