Su Madrid, Atene e Roma precipita la fuga dei capitali
I bambini del Niger hanno più bisogno di aiuto dei cittadini greci, che non le fanno molta pena, ha dichiarato Lagarde.
Reazioni immediate in Grecia, ma non solo. «Perché non dice: sono gli armatori, cioè i capitalisti, che devono pagare le tasse, visto che non le pagano?», si è chiesto Jean-Luc Mélenchon, il leader del Front de Gauche che ha chiesto le dimissioni di Lagarde a causa di questa gaffe. Per Alexis Tsipras di Syriza, Lagarde dovrebbe parlare dell’«evasione fiscale con il Pasok e con Nuova Democrazia, perché spieghino come mai non hanno ancora toccato il grande capitale», mentre il piano di austerità della troika (Fmi, Ue, Bce) ha colpito solo i dipendenti, che già pagavano prima le tasse.
Ma Lagarde non ha detto nulla sulla fuga di capitali. Eppure, questa è tra le cause dei problemi ellenici. E il fenomeno sta già fortemente contagiando i paesi del sud della Ue, Spagna e Italia. In attesa delle nuove elezioni del 17 giugno, la Grecia sta sfiorando il bank run, il panico bancario. Lunedì 14 maggio, dopo le elezioni del 6 maggio che non hanno risolto nulla, sono stati ritirati 700 milioni di euro dai conti bancari greci, da allora ogni settimana le banche perdono intorno ai 4 miliardi di depositi. Per prendere sempre la data del 14 maggio, ai 700 milioni ritirati bisogna aggiungere 100 milioni di euro di ordini di acquisto di Bund tedeschi da parte di cittadini greci. Dal gennaio del 2010, sono usciti dalla Grecia 72 miliardi di euro, nel solo mese di aprile 2010, all’indomani del primo piano di salvataggio della Grecia, sono usciti dal paese 8 miliardi. Secondo i dati di Citigroup, nascosti in Svizzera ci sarebbero 81 miliardi di ricchi cittadini greci.
Un analogo fenomeno è già fortemente all’opera in Spagna, accelerato dal terremoto causato dal salvataggio d’urgenza al costo di 23,5 miliardi di euro di cui ha bisogno Bankia (un cifra pari al doppio dei tagli imposti a sanità e scuola). Una proposta di Mario Monti al G8 di Camp David ha suscitato preoccupazione: il primo ministro italiano vorrebbe la creazione di un meccanismo europeo di garanzia dei depositi bancari. Monti, in altri termini, chiede la protezione dell’Europa, perché teme un’impennata della fuga di capitali dall’Italia, che potrebbe precipitare come conseguenze del Grexit. Già la Banca d’Italia si è indebitata con la Bce per coprire il deflusso di capitali, causato dai disinvestimenti esteri su titoli di stato (meno 144 miliardi). Secondo i dati Citigroup, nel 2011 sarebbero usciti dall’Italia 160 miliardi, pari al 10% del pil. È la stessa proporzione dell’emorragia subita dalla Spagna l’anno scorso: meno 100 miliardi (10% del il spagnolo). «C’è un’inquietudine diffusa tra i banchieri europei di un bank run, cioè di uscite massicce e irrazionali di depositi in liquidi, nell’ipotesi dell’emergenza di nuovi problemi e di un contagio da un paese all’altro della zona euro» afferma il banchiere francese Philippe Dessertine. Già in tempi normali, alla Francia, per esempio, paese meno a rischio, la fuga di capitali costa 8 miliardi l’anno, valuta un’associazione di contribuenti francesi, recentemente interrogata al Senato.
Un economista della Morgan Stanley mette in guardia: «I mercati stanno sottovalutando l’effetto distruttivo dell’uscita della Grecia dall’euro», perché il fenomeno della fuga di capitali potrebbe estendersi velocemente agli altri paesi a rischio. La Grecia avrebbe 46 ore per uscire dall’euro e tornare alla dracma, nel week-end, tra la chiusura di Wall Street e l’apertura della Borsa di Wellington in Nuova Zelanda. Il paese in quelle poche ore dovrà congelare i conti correnti e inviare l’esercito alle frontiere per bloccare le fughe di capitali: in un paese che non riesce a far applicare completamente le leggi in tempi normali sarà il caos, destinato a contagiarsi agli altri stati a rischio.
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