Siria, il massacro degli innocenti In un video la denuncia dell’orrore
La parola «tregua» risuona oggi più vuota dopo il massacro di Hula, dopo le immagini diffuse su YouTube di piccoli cadaveri insanguinati e mutilati distesi sui pavimenti, avvolti in tappeti dai disegni geometrici o coperti da lenzuola bianche.Quelle immagini non possono essere verificate, ma le Nazioni Unite confermano e condannano «la strage di uomini, donne e bambini» avvenuta venerdì notte nella cittadina siriana situata 20 chilometri a nord di Homs.
La tregua concordata un mese fa con l’Onu sia dal governo siriano che dai ribelli armati era già stata violata. Per questo, proprio l’altro ieri, poche ore prima del massacro, il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon aveva accusato per l’ennesima volta ambo le parti e un terzo attore, «i gruppi terroristici». Ma Ban Ki-moon aveva additato soprattutto il regime per «gli inaccettabili livelli di violenza e di abusi». Mai però nell’ultimo mese si era arrivati ad accertare oltre 90 vittime in una volta, tra cui 32 bambini sotto i 10 anni, che è la stima delle vittime fatta a Hula dall’Onu.
Alcuni attivisti dell’opposizione parlano di bombardamenti sulla città , altri raccontano che gli shabiha, gli sgherri in borghese del regime, avrebbero attaccato «intere famiglie». Il governo invece accusa i terroristi di «massacrare il popolo siriano e di sfruttarlo nel bazar mediatico per bloccare il piano Onu e impedire una soluzione politica alla crisi».
Il capo dei caschi blu Robert Mood ha implicitamente chiamato in causa l’esercito siriano: a Hula vi sono i segni «dell’uso di artiglieria e di proiettili di carri armati», ha detto, pur aggiungendo che «le circostanze che hanno portato a queste tragiche morti sono ancora poco chiare». «Chiunque abbia iniziato, risposto e contribuito a questo atto deplorevole di violenza dovrebbe essere chiamato a risponderne», ha affermato Mood.
Al massacro sono seguite proteste in molte città , dai sobborghi di Damasco ad Aleppo — represse, secondo gli attivisti. Nella capitale, lo scrittore Khaled Khalifa, autore dell’Elogio dell’odio (Bompiani) ha detto di essere stato malmenato da agenti di sicurezza, riportando una frattura alla mano sinistra, mentre partecipava al funerale di un amico morto in circostanze poco chiare in città . Si è creata una situazione «che la comunità internazionale non può più accettare», ha detto il ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi, dopo il massacro di Hula; con il collega francese Laurent Fabius ha chiesto «l’immediata applicazione» del piano di pace dell’Onu e ha auspicato un nuovo incontro del gruppo dei Paesi «Amici della Siria». Il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha condannato «le atrocità » e ha assicurato che gli Stati Uniti lavoreranno con i loro alleati per aumentare la pressione su Assad e i suoi «amici». Il Consiglio nazionale siriano, il principale raggruppamento dell’opposizione all’estero (che ha appena perso il suo leader a causa di divisioni interne) e la Lega Araba invocano un intervento urgente del Consiglio di sicurezza dell’Onu (dove Russia e Cina hanno finora appoggiato Damasco), una richiesta ribadita anche dalla Gran Bretagna («Serve una risposta internazionale forte»).
Ma mentre i caschi blu disarmati lentamente arrivano a 250 avvicinandosi al totale di 300, ed è attesa a Damasco una nuova visita dell’inviato dell’Onu Kofi Annan, cresce la frustrazione degli oppositori. I ribelli armati dell’Esercito siriano libero giurano che manderanno «al diavolo» la tregua se l’Onu non interverrà immediatamente per porre fine alle violenze e chiedono ai «Paesi amici» di lanciare «raid aerei» contro le forze del presidente Bashar al Assad. E l’Osservatorio siriano dei diritti umani con sede a Londra accusa la comunità internazionale, col suo silenzio, di complicità nelle uccisioni del regime.
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