Un amore di famiglia

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«È l’amore che crea una famiglia». È lo slogan semplice ed efficace scelto dalle famiglie Arcobaleno, l’associazione di genitori omosessuali italiani, nata nel 2005, che riunisce quasi trecento nuclei omogenitoriali, in cui mamma e mamma, papà  e papà , hanno realizzato il sogno di avere dei figli, in totale più di duecentocinquanta nel nostro paese. Nessuna retorica o idealizzazione, solo tanta normalità  come molte altre famiglie del mondo. Per capire il fenomeno basti sapere che «da uno studio del 2005», dichiara Giuseppina La Delfa, presidente dell’associazione, «è emerso che nel nostro paese sono almeno centomila i ragazzi figli di un genitore omosessuale». Una realtà  di tutto rispetto che vive vicino e intorno a noi, ma che troppo poco si conosce. Il tema della famiglia, nelle sue diverse connotazioni, sarà  anche al centro del prossimo Pride nazionale che celebrerà  l’orgoglio della comunità  Lgbt il prossimo nove giugno a Bologna, città  in cui, dopo alcune polemiche, le famiglie omosessuali sono state incluse nella consulta comunale. Ad aprire il corteo, che attraverserà  le vie del centro, il trenino delle famiglie arcobaleno sfilerà  fianco a fianco con Agedo, l’associazione dei genitori di figli omosessuali, con al seguito la festosa e colorata parata della comunità . Un segno importante che evidenzia come negli anni il movimento si sia evoluto, e che, pur restando una manifestazione allegra e gioiosa, vuole porre l’accento e l’attenzione sulle nuove famiglie sempre più numerose, ma senza diritti e riconoscimenti. Qualche tempo fa abbiamo incontrato una famiglia arcobaleno. Appena contatto Francesca, una delle due mamme di questo nucleo tutto al femminile, mi invita a pranzo a casa per incontrarci e raccontarmi la loro storia intorno alla tavola «è il modo migliore per conoscerci», dice. Vado a Ferrara, ospite al loro pranzo della domenica. Con Francesca ci sono sua moglie Lucia e le loro due gemelle, Martina e Giulia, di sei anni. La loro storia è iniziata nel febbraio di dodici anni fa, lei e Lucia si sono conosciute in occasione delle regate di Luna Rossa e per circa tre anni la loro relazione si è svolta a distanza, fino al 2003 quando hanno deciso di vivere insieme. Nel 2004 cominciano a informarsi e documentarsi su come possano avere figli, è su Report di Raitre che vedono un servizio su una clinica universitaria spagnola dove è possibile farlo. Francesca, la più grande delle due, inizia la stimolazione ormonale, poi nel novembre dello stesso anno la coppia sostiene un colloquio conoscitivo per la fecondazione in vitro. A metà  febbraio del 2005 il primo tentativo: gli ovuli di Francesca vengono inseminati e impiantati, ma la gravidanza fallisce. Il secondo avviene nel giugno 2005, questa volta due dei tre impianti vanno a buon fine ed è così che nel febbraio del 2006 nascono le bambine. «Francesca ha sempre avuto un grande desiderio di maternità », racconta Lucia, «nessuna delle due si è mai preclusa l’idea di avere figli dal momento che si è scoperta omosessuale». La madre di Lucia è sempre stata dalla loro parte incoraggiandole a realizzare questo desiderio. Loro sono andate anche oltre, così dopo la nascita delle bimbe, hanno voluto dar loro una tutela decidendo, due anni fa, di sposarsi in Spagna. «È un paese dove ci sono riconosciuti dei diritti», sottolinea Francesca, «così abbiamo pensato di sposarci. Sono sempre stata contraria al matrimonio, ma essendo madri di Martina e Giulia abbiamo voluto aggiungere un tassello importante per far valere la nostra famiglia. Se in futuro in Italia non avremo nessuna tutela possiamo sempre trasferirci lì». «Per me», aggiunge Lucia, «è stato anche per avere più sicurezza». Sì, perché per la legge dello Stato italiano Lucia le due gemelle non può nemmeno adottarle in quanto secondo genitore, oltre, ovviamente, a non veder riconosciuto il matrimonio. L’Italia ha in materia un profondo vuoto legislativo, basti pensare che il recente censimento non riconosce in nessun modo le coppie di fatto, tantomeno quelle omosessuali. Tutto ciò si riflette anche nella burocrazia in cui quotidianamente s’imbattono Francesca e Lucia, come ad esempio per accendere un mutuo, o più semplicemente per lo stato di famiglia che hanno compilato separato «altrimenti si sarebbero sommati i nostri redditi», dice Francesca, «ma non avendo riconosciuto nessun diritto non vedo perché ci toccano solo i doveri». Così risulta essere ragazza madre. «Le nostre battaglie non sono un capriccio, le portiamo avanti per assicurare una continuità  familiare alle bambine,» prosegue Francesca con voce calma ma decisa. Le due mamme sono molto presenti nella vita delle gemelle, hanno ottimi rapporti con insegnanti, compagni e genitori, che spesso invadono allegramente casa per pasticciare in cucina e giocare, come accade in qualunque altra famiglia. «Il coming out ci permette di portare avanti delle lotte civili per noi, le bimbe e gli altri», continua Lucia, «nella falegnameria in cui lavoro l’ho fatto subito e non ho mai avuto nessun problema». Quanto alle bambine, crescono serene e allegre, nessun intoppo e nessuna discriminazione, sanno benissimo che non c’è un papà  ma un semino, un donatore. «Il problema», chiarisce Francesca, «è più nella nostra testa, le paure sono più nostre che loro, le preoccupazioni si concentrano soprattutto sulla totale mancanza di diritti, siamo una famiglia come tante altre, ma la vita è più difficile». Come si legge nel volantino dell’associazione, la questione non è riformulare il concetto di famiglia allargata, ma di allargare il concetto di famiglia. Se l’Italia è ancora molto indietro in questo cammino sulla strada dei diritti, è altrettanto vero che «il desiderio di genitorialità  per le coppie omosessuali è sempre più diffuso soprattutto per i giovani», spiega la presidente Giuseppina La Delfa, «non è più considerato un sogno proibito o impossibile anche grazie al nostro lavoro. L’associazione», aggiunge, «è coordinata in un movimento europeo, il Nelfa». Anche se, spiega La Delfa, a livello nazionale «sono pochi, per non dire inesistenti, i referenti politici a cui avanzare le nostre istanze. I nostri modelli in Europa sono Spagna e Belgio paesi in cui esiste la parità  totale di diritti e doveri». Ed è proprio in Belgio che è stata concepita la sua bambina di nove anni. Interessante, su questo tema, il documentario Il lupo in calzoncini corti, realizzato da Nadia Dalle Vedove e Lucia Stano e prodotto dal pubblico. Per oltre due anni le registe hanno seguito due famiglie omogenitoriali, dando voce per la prima volta ai figli. Il film ha ottenuto vari premi a festival internazionali ed è stato trasmesso più volte a Doc3 . Gli spettatori entrano nella vita di Luca e Francesco, che stanno insieme da 13 anni e desiderano fortemente diventare padri. Tentano di realizzare questo sogno in una clinica canadese dove una donna si offre di portare avanti la gravidanza per loro . Un lungo percorso fatto di tentativi falliti, delusioni, lacrime, e infine la gioia della nascita del bambino. L’altra storia è raccontata da Joshua, sette anni, tre fratelli, due mamme, che descrive con candore e semplicità  la sua numerosa famiglia omogenitoriale.


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