Ricordando i Georgofili per non avere più paura

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Con le coetanee di Brindisi nel cuore, gli studenti toscani vivono una settimana particolare, segnata da discussioni e mini assemblee con i professori, e tante iniziative. La mobilitazione a Firenze si è accompagnata al passaggio nel capoluogo della Carovana antimafia di Libera, Arci e Avviso Pubblico. Ieri il corteo organizzato dallo storico liceo Dini di Pisa, questa sera a Livorno una manifestazione antimafia. Un altro momento culminante arriverà  fra sabato e domenica, quando alle 1.04 del mattino il suono della Martinella di Palazzo Vecchio ricorderà  l’indelebile ferita dell’attentato di via dei Georgofili. Quell’autobomba piazzata da Cosa Nostra – ma per moltissimi non solo di matrice mafiosa – a pochi passi dalla Galleria degli Uffizi, che nella notte fra il 26 e il 27 maggio 1993 uccise l’intera famiglia Nencioni (padre, madre e due figlie piccole) e lo studente Dario Capolicchio. Quella strage ha segnato uno spartiacque. Da allora il mondo della scuola toscana ha avviato una sorta di costante approfondimento sul tema della criminalità  organizzata, impegnandosi in tanti modi diversi nella lotta contro le mafie. Lezioni, workshop, concorsi e serate di promozione dei prodotti di Libera Terra, organizzate spesso e volentieri con l’aiuto dei sindacati confederali e degli organizzatori della Carovana Antimafia. Nel corso dell’estate sono centinaia le ragazze e i ragazzi toscani che partecipano ai lavori sulle terre confiscate alla criminalità  organizzata. Per questo non è stata una sorpresa vedere sabato scorso, nella prima iniziativa dopo la bomba di Brindisi, molti studenti intonare il coro: «Noi la mafia non la vogliamo». Se gli investigatori ancora non chiariscono chi abbia organizzato l’attentato terroristico di Brindisi, nel sentire comune non ci sono dubbi. Anche Alfredo Morvillo, fratello di Francesca, invitato a Prato a un ricordo di Falcone e Borsellino, è esplicito: «Al momento la pista a sfondo mafioso pare la più attendibile». E don Andrea Bigalli, portavoce toscano di Libera, rincara la dose: «Non ci pieghiamo a versioni di comodo. Il nome della scuola, la prossimità  del ventennale della stage di Capaci, la concomitanza con il passaggio della Carovana Antimafia da Brindisi allungano ombre pesanti sull’origine di questo crimine». Anche gli studenti che non credono alla pista mafiosa sono convinti di una verità : «Non si può morire a scuola». Lo hanno scritto su decine di striscioni, affissi sui cancelli dei loro istituti. «Per noi è come una seconda casa – raccontano – ed è terribile non sentirsi sicuri lì dentro». Don Bigalli spiega: «È una gioventù che si è sentita colpita, ferita perché innocente». Una gioventù ben rappresentata dai ragazzi del liceo Russell Newton di Scandicci, che a bordo delle navi «Giovanni» e «Paolo» sono approdati ieri a Palermo. «Dopo l’attentato di sabato molti ragazzi erano in dubbio – racconta un professore – ma alla fine ha vinto la voglia di esserci». Nonostante la paura.


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