Dirigenti d’Italia: l’età  media è 59 anni

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ROMA — Parla sempre di giovani. Ma «la nostra classe dirigente andrà , probabilmente, in pensione prima che la crisi sia superata». Vittorio Sangiorgi, delegato nazionale dei giovani della Coldiretti, accende la platea dell’Auditorium con i risultati di un report sull’età  media della nostra classe dirigente: è la più vecchia d’Europa con una media di 59 anni. 
Brontosauri. Inamovibili, soprattutto nelle banche, dove amministratori delegati e presidenti raggiungono la media di 67 anni. Pari a quella dei vescovi. Anche il nostro governo ha un’età  media di 64 anni. Ma in Gran Bretagna David Cameron è diventato primo ministro a 43 anni, Tony Blair a 44. Barack Obama ha cominciato a guidare gli Usa a 47. 
Tra i nostri parlamentari l’età  scende a 57 per i senatori, 54 per i deputati. Nell’era digitale, quella dei direttori generali della pubblica amministrazione è di 57 anni. Cosa che secondo la Coldiretti incide nella scarsa innovazione tecnologica della burocrazia. Una media che sale a 61 anni nelle aziende partecipate statali. Secondo la ricerca, l’età  media degli amministratori delegati delle aziende quotate in Borsa a Milano è di 53 anni. 
Nella scuola la situazione è anche peggiore: i professori universitari italiani hanno in media 63 anni e sono i più anziani del mondo industrializzato. Invecchia anche la dirigenza sindacale: i segretari regionali delle maggiori rappresentanze hanno in media 57 anni. 59 quelli delle organizzazioni di rappresentanza dell’industria e del commercio. In Coldiretti l’età  media dei presidenti regionali è di 47 anni. 
«La disoccupazione giovanile record non è solo un problema familiare e sociale, ma provoca anche un invecchiamento della classe dirigente» spiega Sangiorgi. E il presidente della Coldiretti Sergio Marini aggiunge: «Ad essere vecchie e anche poche sono soprattutto le idee con le quali si vuole affrontare la crisi si cerca di riproporre modelli di sviluppo fondati sulla finanza e sulle economie di scala che hanno già  fallito altrove e che non hanno nulla a che fare con le peculiarità  del Paese». «L’Italia — spiega — può tornare a crescere solo se investe nelle proprie risorse: i territori, l’identità , il turismo, la cultura e il cibo che sono una leva competitiva formidabile per trainare il Made in Italy nel mondo». 
È d’accordo il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Mario Catania: «I giovani che sono riuniti qui rappresentano un modello importante per il comparto ma anche il futuro stesso del nostro Paese. Ecco perché meritano delle risposte concrete, soprattutto in questo momento di crisi in cui le imprese sono obbligate a fare i conti con mutamenti repentini e con la necessità  di ridisegnare tempestivamente le proprie strategie».
Gli esempi ci sono già . Schierati ieri fuori dell’assemblea dei giovani della Coldiretti facevano bella mostra di sé. Dall’azienda nella Val Chiusella che produce agridetersivo (a base di erbe inclusa la melissa che lascia un alone di felicità ) a quella di Carmagnola specializzata in prodotti per i ristoranti cinesi. Da quella che raccoglie e trasforma la biblica Manna fino a quella che, sfruttando i cambiamenti climatici, produce a Palermo banane. Tutta roba da giovani.


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