Macao in mezzo a tre strade

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A pensare male si fa peccato, ma, a proposito di cocchi di mamma, è davvero curioso che il direttore generale della Fondiaria Sai sia il figlio 42enne del ministro degli Interni. Pare che l’azienda del gruppo Ligresti (proprietario della Torre Galfa) corrisponda al pargolo uno stipendio di 500 mila euro l’anno. Ma questi sono affari suoi e probabilmente se li merita anche. Però adesso c’è qualcuno che si chiede se i cittadini si meritino un ministro con un conflitto di interessi così imbarazzante, vista la situazione che si è creata a Milano con il cortocircuito innescato dalla straordinaria esperienza di Macao.
Lo fa il neonato soggetto politico Alba (Alleanza per Lavoro, Beni Comuni e Ambiente) chiedendo le dimissioni del ministro Cancellieri: «Il gravissimo conflitto di interessi in ragione del quale con eccesso di zelo il ministro pro tempore Cancellieri, madre del Direttore Generale della Fondiaria Sai Piergiorgio Peluso, ha messo a disposizione la forza pubblica, pagata da tutti noi, per sgomberare la Torre Galfa occupata dal Collettivo Macao, costituisce un esempio di scuola degli effetti perversi della continua contaminazione fra pubblico e privato che ammorba la vita politica italiana». Tutti, compreso l’assessore alla cultura del Comune di Milano, Stefano Boeri, sono rimasti sconcertati da «questo sgombero sbagliato». Ma, ormai, non è più questo il punto. Ora, e della questione per tutto il giorno (e la notte) si è discusso ieri in via Galvani – una strada di fatto occupata da migliaia di cittadini che vanno e vengono – bisogna decidere cosa fare. Dove andare. Se accettare o meno la proposta del sindaco Pisapia, uno spazio nell’area Ansaldo di via Tortona.
Quelle di Macao sono assemblee vere. Incasinate. A tratti surreali. Dieci teste possono pensare dieci cose diverse. Non è facile trovare una sintesi. Prendere decisioni. Non c’è – o non c’è ancora – una struttura in grado di fare scelte rapidamente condivise. Ma comunque il succo della faccenda, senza girarci troppo attorno, è piuttosto semplice: o si accetta la soluzione istituzionale, o si sceglie un altro luogo da occupare, oppure si decide di fare di quel grattacielo il simbolo di una contraddizione forte e quindi non barattabile per non snaturare il progetto Macao (ma quest’ultima sarebbe la soluzione più complicata da sostenere). La discussione è trasversale, a voce alta, e anche sottovoce, e di questo sta parlando tutta la «cittadinanza attiva» milanese che si è ritrovata sotto la Torre, nuovamente felice, per qualche giorno almeno.
Il ritorno in extremis del sindaco Pisapia tra i cittadini che lo hanno votato ha cambiato le carte in tavola. Non ha convinto, ma sta generando opinioni contrapposte. L’ipotesi Ansaldo è stata spiegata nei dettagli dall’assessore Boeri. In quel luogo – ribattezzato L’Officina della Creatività  – troveranno spazio il nuovo museo dell’Interculturalità , il Forum della Città  Mondo, i laboratori e le sale prova del Teatro alla Scala, il museo delle marionette Colla, le collezioni etnografiche e altri eventi culturali legati a moda e design. Sono 3 mila metri quadrati già  agibili e altrettanti da sistemare. Un’ottima cosa per Milano, che ieri ha ricevuto l’immediato appoggio di Dario Fo, il primo ad aver portato concreta solidarietà  a Macao: «Una soluzione a mio avviso molto positiva… devo senz’altro applaudire l’intelligenza e la chiarezza con le quali il sindaco e i suoi collaboratori hanno gestito tutta la situazione davvero difficile». Ma c’è un problema. Un’associazione per accedere nell’area ex Ansaldo deve partecipare a un bando e per fare ciò è necessario, per legge, uno statuto giuridico. Niente di impossibile, anzi. Ma è qui che si scontrano due culture che fino ad ora sono risultate inconciliabili, da una parte chi rivendica l’autodeterminazione dei propri spazi e contenuti dal basso, dall’altra chi sceglie di accettare le regole istituzionali. La discussione è ancora in corso. Di sicuro bisogna fare in fretta, perché non è possibile durare a lungo in mezzo a una strada senza prendere una decisione. Il rischio è lo sfilacciamento di un’esperienza unica. Sicuramente resta in piedi anche l’ipotesi di impossessarsi di un altro spazio pubblico per poi giocarsela politicamente con la giunta Pisapia, che pur presa in contropiede non si spingerà  fino ad una prova di forza. Ma restano da convincere i «puristi» del progetto Macao che ancora non se la sentono di tradire il sogno di un simbolo tanto potente come un grattacielo tutto per loro. Ieri sera, in via Galvani, si è presentato anche un tizio abituato a trattative assai complicate, il segretario generale della Fiom Landini. Chissà  mai che la notte porti consiglio.


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