I timori sulla tenuta dell’euro affondano ancora le Borse

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ROMA — Piazza Affari in caduta, spread in aumento, debito pubblico alle stelle. Se non fosse per le aste di Btp, accolte bene dagli investitori, quella di ieri sarebbe stata per l’Italia una giornata nerissima. E non solo per l’Italia, visto che le tensioni hanno riguardato l’euro e l’Europa nel suo complesso e che a crollare, affondate dai timori per la situazione politica della Grecia e soprattutto dalle incognite aperte dal voto tedesco nel popoloso Land del Nord Reno-Vestfalia, sono state le Borse di tutto il Vecchio continente. A guardare i listini, ieri sono stati bruciati circa 120 miliardi di euro. Milano ha perso il 2,74%, Madrid il 2,66%, Londra l’1,97%, Francoforte l’1,94% e Parigi il 2,29%. Atene in profondo rosso del 4,27% (Ftse Athex 20). Negativa anche Wall Street, che ha recuperato a metà  seduta in parte lo svantaggio causato dallo scossone ai vertici della JP Morgan dopo le perdite sui derivati emerse venerdì scorso, che hanno portato ieri la Casa Bianca a dichiarare la necessità  di portare a termine quanto prima la riforma della Borsa Usa. 
L’origine più politica che finanziaria del negativo andamento dei mercati rende però contrastanti i segnali. A sentire gli operatori, a guidare il nervosismo degli investitori è stata soprattutto l’incertezza sull’azione futura del governo di Angela Merkel che ad un anno delle elezioni politiche è stata clamorosamente smentita da una parte significativa del suo elettorato. Un’indicazione importante è attesa comunque per oggi dall’incontro tra il nuovo presidente socialista Franà§ois Hollande e la cancelliera Merkel. «I mercati aspettano di vedere se emergerà  conflittualità , oppure la volontà  di concordare su una politica un po’ meno esclusiva sul rigore e un po’ più aperta alla crescita», ha spiegato Gianluca Garbi, ad di Banca Sistema. Dai rapporti franco tedeschi potrebbe dipendere anche l’atteggiamento dei mercati verso la Grecia, ancora in cerca di un accordo sulla formazione del governo e vista sempre di più a rischio di uscita dall’euro, sceso ieri a 1,28 sul dollaro. Alla caduta dei listini, ancora una volta determinata dall’andamento dei titoli bancari, ha corrisposto sul mercato secondario dei titoli di Stato l’allargamento degli spread soprattutto per il ribasso dei rendimenti dei Bund tedeschi, arrivati (i decennali) al minimo storico dell’1,45%. Il differenziale con i Btp a dieci anni (5,69% di tasso) ha chiuso così a 424 punti dopo aver toccato i 435 punti. E di insofferenza per la «dittatura dello spread», ha parlato il presidente della Consob, Giuseppe Vegas nella sua relazione nell’incontro annuale coi mercati. «Le nostre paure sono sintetizzate in un numero, lo spread, che si basa sui fondamentali dell’economia ma che spesso li travalica perché incorpora un giudizio di valore sintetico e soggettivo» ha spiegato.
Segnali positivi per l’Italia sono venuti però dal collocamento di Btp per 5,25 miliardi di euro. In particolare il Btp a 3 anni è stato offerto per 3,5 miliardi, il massimo della forchetta: la domanda, pari a 5,3 miliardi ha evidenziato uncover ratio di 1,52 superiore alla media degli ultimi collocamenti e il rendimento si è attestato al 3,91%, in linea con il precedente collocamento e con il mercato secondario. I tre titoli off-the-run (tranche di vecchie emissioni)sono stati collocati per 1,75 miliardi a fronte di una richiesta complessiva di 3,7 miliardi. I rendimenti sono risultati del 5,33% per il titolo con scadenza al 2020, del 5,66% per quello al 2022 e al 5,90% per il Btp al 2025, tutti inferiori al secondario. Il risultato è stato quindi positivo per il Tesoro anche se non ha aiutato la notizia del nuovo record del debito pubblico, che ha toccato in marzo i 1.946 miliardi. Ad essere significativo, è bene sempre ricordarlo, è il rapporto tra il debito e il Pil ma la cifra di marzo segnala rispetto al mese precedente un aumento insolitamente consistente (17,9 miliardi) che riflette per circa 7,1 miliardi la quota di pertinenza dell’Italia di emissioni effettuate dall’Efsf, il fondo salva Stati europeo. Sempre in marzo, dice Bankitalia, sono calate le entrate tributarie, diminuite del 3,61% rispetto a marzo 2011.


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