Per Assad (e l’opposizione) la sfida è sulla percentuale di votanti
Il dato dell’affluenza alle urne è di eccezionale importanza per Bashar Assad, persino più di quello delle elezioni, non in discussione e che vedrà certamente la vittoria del Fronte progressista nazionale che include il Baath e una dozzina di partiti «fratelli», tra i quali i Nasseristi e i due partiti comunisti. Con l’elezione dei 250 deputati del Parlamento, sulla base della recente riforma costituzionale, il presidente siriano intende dimostrare che gran parte del paese è dalla sua parte (o almeno non è schierata con l’opposizione politica e i ribelli armati), dopo 13 mesi di violenze, bombardamenti e combattimenti che avrebbero fatto più di 10mila morti. Scontri che non sono terminati con il cessate il fuoco entrato in vigore il 12 aprile e il successivo arrivo delle prime decine di osservatori dell’Onu.
La percentuale dell’affuenza è importante anche per l’opposizione che ha invitato i siriani a boicottare le urne, specie nelle città come Homs e Hama dove più accanito è stato lo scontro armato e i morti si sono contati a centinaia. Bashar al Haraki, del Consiglio nazionale siriano (il principale raggruppamento dell’opposizione con base in Turchia e sostenuto dai governi occidentali) ha etichettato il voto come una «farsa» organizzata dal regime «per guadagnare tempo» e «ingannare la comunità internazionale». «La faccia del potere non cambierà », ha previsto un attivista, Mousab Alhamadi, di Hama, «il regime si comporta come una anziana signora di 70 anni che si trucca per apparire diversa». Giudizi non condivisi da altri siriani. «Vado a votare perché sostengo le riforme, il nuovo parlamento dovrà occuparsi prima di ogni altra cosa della disoccupazione per evitare che i siriani debbano emigrare», ha spiegato Shahba Karim alla Afp, 18 anni, che ieri ha votato per la prima volta.
I risultati elettorali diranno anche quanti siriani hanno votato per i nuovi partiti politici, nove in tutto, nati dopo la riforma costituzionale. È difficile valutare l’indipendenza effettiva di queste nuove forze politiche in un paese devastato dal conflitto interno e dove i servizi di sicurezza dettano legge. Secondo indiscrezioni non pochi militanti del Baath avrebbero voluto lasciare il partito ma non lo hanno fatto nel timore di passare per «dissidenti». In ogni caso ora ci sono dei nuovi partiti, ufficialmente non legati al Baath, e la loro esistenza segnala un cambiamento in cui credono i siriani desiderosi di riforme ma spaventati dalle conseguenze della rivolta armata contro il regime. Tra le nove formazioni emergono il Partito nazionale della gioventù democratica (Pngd), il Partito dei giovani per la Giustizia e lo Sviluppo (Pggs) e l’Avanguardia Democratica. Il Pngd, guidato da una donna, Parwin Ibrahim, si è posto come punto di riferimento per la minoranza curda, ancora con diritti dimezzati.
I paesi che più apertamente appoggiano la rivolta contro Assad – Turchia, Francia, Usa, Qatar e Arabia saudita – non danno alcun peso al voto. Il premier turco Erdogan ha pronunciato in una intervista parole di fuoco contro il presidente siriano, tornando ad evocare l’intervento della Nato. «Finora siamo stati pazienti – ha detto – ma se il governo siriano commetterà ancora degli errori alle frontiere (tra i due paesi, dr) questo sarà un problema della Nato». Per la Russia, alleata di Assad, al contrario le elezioni «indicano la volontà delle autorità siriane di porre fine alla violenza».
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