Il sequestratore: avevo i soldi, odio il canone
BERGAMO — «Qui risulta che lei non abbia pagato il canone Rai dal 2001, è corretto?».
«Sì, è giusto».
Il giudice insiste: «Ecco, compresi gli interessi, fanno circa 1.400 euro. Ma ci faccia capire, queste imposte perché non le ha pagate?».
Il sequestratore riflette. Poi risponde deciso: «Perché io il canone Rai proprio non lo sopporto».
Un attimo di spaesamento. «Ma era per problemi economici? Le mancava il denaro?».
«No, non è questo il motivo. Quella tassa non la tollero».
La metamorfosi di Luigi Martinelli si compie intorno a mezzogiorno di ieri. Carcere di Bergamo, stanza per i colloqui con i magistrati. Dopo l’irruzione armata nell’Agenzia delle entrate di Romano di Lombardia, al termine di due notti e un giorno passati in cella di isolamento, il «sequestratore» affronta l’interrogatorio per la convalida del suo arresto. E in poco più di un’ora, risposta dopo risposta, sfuma il suo profilo di imprenditore oppresso dal Fisco, di vittima della crisi, di simbolo del lavoratore infaticabile e strangolato dal sistema. Gli accertamenti della Procura e le risposte che Martinelli fornisce al giudice per le indagini preliminari raccontano altro. Le sue difficoltà economiche non sono drammatiche. Profonda è invece la potenza della suggestione, della delusione per i guai della vita. Tanto che il gip, Giovanni Petillo, a un certo punto gli chiede: «In questo momento è sottoposto a cure particolari o, in passato, ha avuto problemi di depressione?». È l’unico momento in cui il mite Martinelli si indispettisce: «Assolutamente no».
Resterà in carcere, il piccolo imprenditore di Calcio, Bassa Bergamasca. «C’è pericolo di reiterazione del reato — spiega il gip nel motivare il suo provvedimento — per un’evidente sproporzione tra un gesto molto grave e le presunte motivazioni». Bisogna considerare anche familiarità con le armi: oltre al fucile, le due pistole e il coltello usati durante l’irruzione nell’Agenzia delle entrate, in casa di Martinelli (cacciatore per hobby) i carabinieri hanno sequestrato altri due fucili, cinque carabine, due pistole, centinaia di munizioni e quasi due chili di polvere da sparo.
Proprio la passione per la caccia, piuttosto costosa, è indice di una condizione economica dignitosa: «Come “movente”, l’aspetto delle gravi difficoltà economiche sembra essersi svuotato», spiega un investigatore. E lo stesso Martinelli durante l’interrogatorio ammette: «Beh certo, mi sarebbe bastato vendere qualche fucile e avrei potuto saldare la cartella di Equitalia».
Altre domande: «Ha debiti con le banche?». «No». «Ha chiesto prestiti che non riesce a ripianare?» «No». È a questo punto che l’interrogatorio affronta il punto chiave: «E allora perché ha messo in atto un’azione armata contro un ufficio pubblico?». «Volevo solo fare “casino” senza coinvolgere nessuno — spiega un po’ confuso l’imprenditore —. Si pagano troppe tasse, in un servizio in tv hanno parlato di quattro imprenditori suicidi. Volevo farmi sentire, parlare con le televisioni e col presidente Monti».
Se la pressione fiscale, l’inflazione e la crisi economica producono effetti pesanti sulle famiglie italiane, nella mente di Martinelli quei temi si sono tramutati in fantasmi. Il più spaventoso degli spettri: il Fisco. E così anche quel debito da oltre 40 mila euro, di cui Martinelli ha parlato al senatore leghista Roberto Calderoli che è andato a trovarlo in carcere, di fronte al gip vacilla tra frasi confuse: «Un’impiegata mi ha fatto vedere delle carte… sì, mi pare che fossero 40 mila euro». Agli atti non ce n’è traccia. Anzi, a ben vedere, in passato il Fisco è stato particolarmente benevolo con Martinelli. A fronte di una tassa di successione da 100 milioni di lire non pagata, l’imprenditore bergamasco ha beneficiato nel 2003 di un parziale condono, pagando solo 10 mila euro.
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