“A Giovanni dovevano 200mila euro l’hanno ucciso i crediti, non i debiti”

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ROMA – «Mio marito era un uomo onesto che pagava le tasse, mica tangenti. Non era un fallito. Ad ucciderlo, anche se sembra assurdo, sono stati i crediti. Migliaia di euro che aspettava di riscuotere e non arrivavano mai. E sono tanti come lui gli imprenditori in crisi che tirano la cinghia aspettando che pubblici e privati si degnino di pagare per lavori già  fatti».
Daniela ha il volto segnato dal dolore ma la voce è forte, densa, carica di energia. È la moglie di Giovanni Schiavon, il titolare della Eurostrade Vigonza che il 12 dicembre si è sparato nella sua ditta. Ieri non è andata alla manifestazione delle vedove di artigiani, commercianti uccisi della crisi. Ha preferito restare a casa, ma non è un segno di rinuncia. Lei è una donna che non si piega, che vuole vedere un futuro. E accusa lo stato, il governo, i partiti di indifferenza, di essere la causa di questa crisi. 
Perché non era a Bologna?
«Si può essere felici assieme, ma l’infelicità  è qualcosa di cosi privato, personale, ognuno la vive a modo suo. Noi siamo gente schiva, vogliamo stare lontano dai riflettori. E poi dobbiamo rimboccarci le maniche, da quel maledetto giorno di dicembre ci sono piombate addosso caterve di problemi, e la nostra situazione quotidiana è grottesca»
Grottesca?
«Sì. Perché il mio Giovanni non è morto fallito, è morto per crediti in un paese assurdo come il nostro dove invece che aiutare gli imprenditori, neppure le pubbliche amministrazioni tirano fuori i soldi per i lavori già  fatti».
Com’era suo marito?
«Un uomo solare, vitale, pieno di entusiasmo. Sempre».
Non si è accorta di nulla?
«Mi ha sempre tenuta aggiornata, ma non nei dettagli. Mi proteggeva, non voleva che mi preoccupassi e poi in fondo sperava di farcela. Così adesso mi sembra di non averlo mai conosciuto nonostante una vita assieme. Mi devo ancora rendere conto di quello che è successo, così quando mi sveglio la mattina mi viene ancora da chiamarlo perché nonostante le avvisaglie, per me la sua morte è stato qualcosa di inaspettato».
Nessun segnale?
«La crisi c’era, si sentiva, anche se dell’azienda se ne occupavano direttamente lui e nostra figlia, qualcosa avevo capito. Ma tutto è stato più chiaro quando una mattina guardandomi serio e con la voce pesante mi ha detto: il fallimento di quel mio cliente mi mette ko. Erano altri soldi che non sarebbero mai rientrati».
Aveva molti crediti?
«Sicuramente duecentomila euro per lavori, dalle fogne alle strade, già  fatti. Così ha provato a chiedere ad amici, aziende, di pagargli quello che gli spettava perché anche lui aveva pagamenti da fare».
Quale era la sua prima preoccupazione?
«Gli operai, non voleva lasciarli a casa senza stipendio. Per lui erano parte della famiglia. Ma con l’aggravarsi della crisi i pagamenti dei clienti, già  in ritardo, un anno fa si sono fermati del tutto e ha dovuto metterne sette in cassa integrazione. Allo stesso tempo le banche hanno chiesto di rientrare dei finanziamenti mentre mese dopo mese ha visto slittare inesorabilmente in avanti le date dei pagamenti fatti per gli enti locali». 
Un girone infernale 
«Anche lui sempre cosi ottimista deve aver pensato di non avere più un futuro o di non saperlo più garantire agli altri».
Cosa ricorda del 12 dicembre:
«È andato in ufficio, ha aspettato che tutti uscissero e si è sparato. Ci ha lasciato un biglietto con scritto: “Perdonatemi per quello che faccio. Vi ho voluto tanto bene. Non ce la faccio più”. E quel bene l’ha sottolineato tre volte e scritto in lettere maiuscole».
E ora?
«Ho voglia di vedere la luce in fondo al tunnel, sperando in un paese diverso, con meno sprechi che hanno buttato all’aria l’economia e senza corrotti, con più pulizia morale tra la gente e i soprattutto tra i politici».
Cosa chiede al governo Monti?
«Le sue parole mi hanno ferito profondamente quando ha parlato dei mille morti in Grecia, come se i nostri non contassero, come se quelle vite non avessero importanza».
Un desiderio?
«Che la morte di Giovanni, che tutto questo dolore non siano inutili»


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