Pedofilia, 9 anni e mezzo a don Seppia
GENOVA – «Chiedo scusa per la mia condotta morale, ho commesso degli errori. Ho sbagliato a comportarmi in quel modo. Ma non ho fatto quello che ho scritto negli sms: erano solo millanterie». Il messaggio, letto in aula (a porte chiuse), prima della camera di consiglio, non è bastato ad intenerire il giudice Roberta Bossi. Don Riccardo Seppia, già in carcere a Sanremo, comunque dovrà scontare 9 anni, sei mesi e 20 giorni di reclusione. Più 28 mila euro di multa. Nonostante il rito abbreviato e lo sconto di un terzo di pena, una condanna pesante per l’ex parroco della chiesa di Sestri Ponente, quartiere industriale di Genova. Il pm Stefano Puppo aveva chiesto 11 anni ed 8 mesi, così che l’avvocato Paolo Bonanni si dice soddisfatto per la sentenza emessa ieri.
Il difensore è riuscito a strappare le attenuanti per don Seppia, comunque sono state confermate la violenza sessuale su minore (nella sacrestia della chiesa dello Spirito Santo ha palpeggiato un chierichetto di 15 anni), la tentata induzione alla prostituzione minorile per avere adescato un albanese di 17 anni, promettendogli cocaina in cambio di sesso; la cessione di droga. Il giudice ha riconosciuto il lieve danno della violenza sessuale, perché il rapporto sessuale non è stato consumato completamente e la modica quantità di cocaina ceduta ai giovani che l’ex parroco contattava in discoteca, a Milano; ma anche a quelli portati in canonica, adescati al centro commerciale la Fiumara di Genova dal suo amico-amante Emanuele Alfano, l’ex seminarista anche lui in carcere e ancora da processare.
Don Riccardo ieri è giunto in aula alle 9,20, scortato da due guardie carcerarie. È apparso sbarbato e rasato, vestito con un paio di jeans e un giubbottino scuro. Alle 10,30, prima che il gup andasse in camera di consiglio, ha letto il messaggio, scritto su un foglio, poi messo agli atti. «Non è una ammissione dei fatti – precisa però Bonanni – sono le scuse per i suoi comportamenti disdicevoli dal punto di vista morale, ma senza alcuna rilevanza penale». Il legale aveva chiesto l’assoluzione da tutti i capi di imputazione, tranne che per la droga. L’ex parroco della chiesa dello Spirito Santo ha evitato solo l’accusa di detenzione di materiale pedopornografico.
L’inchiesta era scattata nell’ottobre del 2010, da alcune intercettazioni del Nas di Milano. La Procura meneghina aveva aperto un fascicolo sull’utilizzo di sostanze dopanti e droghe in palestre e discoteche. I carabinieri si erano imbattuti in don Seppia durante le sue “escursioni” milanesi, dove frequentava luoghi di appuntamenti gay, come la discoteca Illumined. Avevano scoperto il filone sulla pedofilia, e il 13 maggio del 2011 chiesto ed ottenuto l’arresto.
Il giorno dopo don Seppia era stato scomunicato dal cardinale Angelo Bagnasco. L’arcivescovo di Genova e presidente della Cei si era mostrato tradito dal parroco, anche se lo scorso autunno lo ha incontrato in carcere. Ieri, la Curia ha diramato una nota: «Si prende atto della sentenza della magistratura, ma si rinnova il dolore per quanto accaduto e per coloro che in qualunque modo sono stati toccati da questa vicenda».
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Nel 2009 il Parlamento ha approvato una legge a favore delle donne che stabiliva che per i reati di violenza sessuale e in presenza di gravi indizi di colpevolezza il carcere fosse l’unica misura cautelare da adottare. Equiparava in questo modo questi reati a quelli legati alla criminalità organizzata. Nel 2010 la Corte Costituzionale ha ritenuto questa norma in contrasto con la Costituzione.
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