“Violenza sulle donne, tutti in piazza”

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ROMA – Dopo le migliaia di adesioni all’appello, una giornata di mobilitazione nazionale. Continua la battaglia per fermare la violenza sulle donne, per trasferirla dai morbosi dibattiti dei talk show alle sedi dell’iniziativa politica. Per renderla da banale notizia di cronaca a cuore di una trasformazione culturale.

à‰ bastato poco tempo alla rete delle donne “Se non ora quando?” a coinvolgere e convincere. Il movimento che ha promosso l’appello “Mai più complici” sta ora valutando la scadenza di un giorno di mobilitazione. «La data non è stata ancora decisa ma ci sembra necessaria dopo la massiccia adesione al nostro appello, un consenso imprevisto», spiega Francesca Comencini, regista. «Molti hanno firmato, abbiamo scoperto che è un problema molto sentito, e sempre di più anche dagli uomini». La rete delle donne aveva lanciato un appello per spezzare l’assuefazione al “femminicidio”, per non relegare a poche righe – “delitto passionale” “omicidio in famiglia” – la morte di un’altra donna per mano di un uomo. Cinquantaquattro vittime dall’inizio dell’anno, omicidi spacciati per amori sbagliati. Ma le donne non ci stanno. E neanche molti uomini da quello che si può leggere sfogliando le adesioni.
Tra gli ultimi a firmare sul sito petizionepubblica.it Giuliano Pisapia, Gennaro Nunziante, Dacia Maraini, Sandra Petrignani, Anna Bonaiuto, Gabriele Salvatores, Vittoria Franco, Pierre Carniti, Albertina Soliani, Gigi Covatta, Silvia Costa, David Sassoli, Silvia Vallone. Già  avevano aderito Roberto Saviano e Susanna Camusso e poi Antonio Di Pietro, Luca Cordero di Montezemolo, Giulia Bongiorno, Andrea Romano, Carlo Calenda, Nicola Rossi, la vicepresidente del Senato Cinzia Bonfrisco, il sindaco di Lametia Terme Gianni Speranza, Valerio Mastandrea, Giuliano Amato, Daria Bignardi, Veronica Pivetti, Massimo d’Alema, Michela Murgia. E molti altri.
Consensi, adesioni, ma per ora solo risposte emotive che rischiano di rimanere inadeguate per combattere comportamenti cupi e violenti. «Ho in progetto un disegno di legge per il reato di femminicidio», annuncia la senatrice Adriana Poli Bortone, ex sindaco di Lecce. «Bisogna pensare anche a qualcosa di specifico dal punto di vista giudiziario, a qualcosa che ancora non c’è. “Femminicidio” non è una bella espressione ma può servire ad attirare l’attenzione, può essere utile a capire i motivi per cui tutto questo accade. A volte questi delitti di donne sono seguiti in televisione più come oggetto di curiosità  che come spunto per denunce reali». Anche per Barbara Pollastrini, esponente Pd, occorrono iniziative concrete: «Alle donne, sulle pensioni, è stato chiesto molto: l’esecutivo restituisca qualcosa almeno in termini di sicurezza e diritti umani. Servono risorse da stanziare per la prevenzione, per centri e case di accoglienza, per la tutela delle vittime».
Per Francesca Comencini però il cuore del problema non è giudiziario ma culturale, i cambiamenti prima che avvenire nelle aule giudiziarie devono attraversare l’immaginario. «C’è un legame profondo tra l’immagine violenta delle donne diffusa per anni dalla televisione e dai media e quello che succede. Tra come le donne sono e come vengono rappresentate, il fatto è che tanti cambiamenti non sono stati ancora accettati, vissuti, narrati. Va cambiato il segno del racconto. E ora è il momento di farlo».


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