Erdogan: reagiremo come paese della Nato
Ankara, ha avvertito Erdogan, «prenderà le misure opportune, quale paese Nato» in caso di nuovi incidenti alla frontiera. «Abbiamo potenti forze armate. La Siria deve sapere che in caso di nuove violazioni della frontiera, la reazione della Turchia non sarà la stessa», ha aggiunto il primo ministro intervistato da al Jazeera in riferimento ai colpi che due settimane fa le guardie di frontiera siriane avrebbero sparato verso profughi che stavano attraversando il confine con la Turchia. «Se il piano di Kofi Annan fallisce – ha ammonito Erdogan – un compito molto importante attende il Consiglio di Sicurezza Onu».
Parigi: ricorso alla forza
Il premier turco Erdogan non lo ha detto apertamente ma è chiaro che si riferiva ad una risoluzione dell’Onu che autorizzi l’uso della forza contro la Siria. Di intervento internazionale armato invece ha parlato inmodo esplicito l’altro giorno il ministro degli esteri francese Alain Juppé, descrivendo il piano Annan come «seriamente compromesso». In caso di fallimento dell’iniziativa delle Nazioni Unite, ha avvertito Juppé, Parigi chiederà il ricorso alla forza, sulla base dell’articolo 7 della carta dell’Onu. Una opzione che, con ogni probabilità , è stata presa in esame ieri anche alla riunione straordinaria al Cairo dei ministri degli esteri arabi. Il 16 e 17 maggio la Lega araba ospiterà un vertice allargato delle opposizioni siriane con l’obiettivo di unificare i ranghi anti-Bashar Assad.
L’allarme della Russia
Il clima è quello che precede una guerra e la Russia, alleata di Assad, si è detta preoccupata dalle dichiarazioni di Erdogan in base alle quali Ankara si riserva il diritto di ricorrere alla clausola che garantisce la difesa collettiva dei Paesi Nato contro la Siria. «Abbiamo preso con preoccupazione queste dichiarazioni, specialmente considerando che la questione implica l’ipotetica applicazione di un articolo chiave, l’articolo 5 del trattato di Washington, che prevede la difesa collettiva dei paesi Nato in caso di aggressione armata contro uno dei membri dell’ alleanza», ha spiegato il portavoce del ministero degli esteri russo Alexander Lukashevich. Mosca, sotto pressione, sa che si stanno restringendo i suoi margini di manovra e che per impedire un intervento armato in Siria sarà forse costretta a far uso di nuovo del diritto di veto all’Onu, con conseguente imbarazzo diplomatico.
Da parte loro gli attivisti dell’opposizione siriana continuano ad accusare il regime di Bashar Assad di violare la tregua e di aver causato, nelle ultime ore, 54 morti in bombardamenti su Hama, Daraa, Aleppo , Damasco, Homs, Idlib e Dayr az Zor. Emergono però forti dubbi sulle cause dell’esplosione di mercoledì a Hama in cui hanno perso la vita 16 persone (diverse decine secondo altre fonti). A sollevarli è lo stesso Osservatorio siriano sui Diritti Umani, con sede a Londra, vicino all’opposizione. Citando testimoni l’Osservatorio mercoledì aveva attribuito la strage all’artiglieria dell’esercito regolare che avrebbe preso di mira una zona periferica di Hama. Ora l’organizzazione non è più certa dell’accaduto e ha chiesto agli osservatori dell’Onu, che stanno lentamente giungendo in Siria, di indagare. I media ufficiali siriani sostengono che la deflagrazione sarebbe stata causata da ribelli armati impegnati a trasportare degli esplosivi.
Arriva un video di Al Qaeda
Ieri peraltro è stato postato sui forum vicini al-Qaeda un video sugli attentati compiuti ad Aleppo, lo scorso 10 febbraio, che hanno provocato la morte di 25 persone e il ferimento di altre 200. Nel filmato, dal titolo «Vendetta per la gente di Homs» (13 minuti), viene mostrato il video-testamento dei due kamikaze entrati in azione quel giorno con due autobombe contro la sede della sicurezza e dei servizi segreti della città . L’attacco, rivendicato in un primo momento dai soldati disertori dell’Esercito siriano libero – ma dopo ne ha preso le distanze – viene rivendicato ora da una nuova cellula jihadista siriana che si rifà ad al-Qaeda e denominata «Fronte di Salvezza».
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