Italia, peso fiscale record sul lavoro salari netti tra i più bassi d’Europa
In Italia si guadagna molto meno che nel resto d’Europa. E quel poco è tassato troppo. In media, un single senza figli ha portato a casa, nel 2011, poco più di 19 mila euro netti. Ovvero 1.500 euro sotto la media Ocse, 2 mila euro in meno di uno spagnolo, 3.500 euro di un francese, 5 mila di un irlandese, 6 mila di un tedesco e oltre 10 mila euro più in basso di un inglese. Distanze siderali, mentre la forchetta tra il costo del lavoro a carico dell’azienda e quanto un lavoratore mette effettivamente in tasca sfiora inesorabile quasi la metà della busta paga lorda, il 47,6 per cento nel 2011 (contro il 35,3% della media Ocse), dal 47,2 dell’anno prima. Questi dati, contenuti nel Rapporto Ocse diffuso ieri (“Taxing Wages”), spingono l’Italia in coda alla classifica dei salari medi netti (una posizione in meno rispetto al 2010), ma tra i primi sei paesi per il peso del fisco sul lavoro, dopo Belgio (55,5%), Germania (49,8), Ungheria e Francia (49,4), Austria (48,4).
LE CAUSE
Due le cause, secondo l’Ocse, del peggioramento italiano tra 2010 e 2011: nessun incremento di detrazioni, aliquote e scaglioni Irpef immutati. Uno scenario destinato a durare ancora a lungo, per via dell’austerità , delle manovre, del pareggio di bilancio da centrare l’anno prossimo. Il governo lo ha ripetuto più volte in questi giorni: non ci sono né margini né tesoretti per abbassare le tasse. Neanche quelle sul lavoro.
LE CATEGORIE PIà™ ESPOSTE
L’Ocse ricorre a più esempi, nel calcolare la pressione fiscale sul lavoro: il single senza figli con vari redditi (sotto, uguale o sopra la media) e la coppia con due figli (lavora solo uno o entrambi con più ipotesi di guadagni). Ebbene, in Italia i contribuenti single con salario elevato e le coppie con figli e due salari «hanno sopportato il terzo cuneo fiscale dell’area Ocse»: rispettivamente, 53 per cento e tra 38,6 e 44,5 per cento.
UN DECENNIO INSOSTENIBILE
In generale, scrive ancora l’Organizzazione con sede a Parigi, le tasse sono cresciute per tutti i lavoratori italiani tra 2010 e 2011, colpendo soprattutto i nuclei con prole. Non una novità , visto che nel decennio 2000-2010 l’Italia è sempre stata stabilmente sopra la media Ocse: «Nel Duemila il peso medio della tassazione era almeno 10 punti percentuali più elevato della media per tutti i tipi di famiglia e la differenza si è ampliata nel corso degli ultimi undici anni».
CONFRONTI EUROPEI
A Londra si guadagna il 55 per cento in più di Roma, ma lì le tasse sul lavoro sono al 32,5 contro il 47,6 per cento. Ben quindici punti in meno. A Berlino le tasse sono più alte (+2,2%), mai però come le buste paga (+31%). Anche Madrid, sempre sul filo del crac, non solo preleva appena il 39,9 per cento dal salario lordo, ma il netto supera del 10 per cento quello di Roma. Ancora meglio fa Dublino: solo il 26,8 per cento di tasse (a New York si arriva al 29,5 e a Tokyo al 30,8) e un quarto in più in busta.
L’OPERAIO E L’IMPIEGATO
Un operaio e un impiegato metalmeccanico – calcola la Cgia di Mestre – con stipendi netti pari a 1.226 e 1.620 euro, costano ai loro datori di lavoro, rispettivamente, 2.241 e 3.050 euro. In entrambi i casi, quasi il doppio. Una differenza fatta di contributi, Irpef, addizionali, Irap che rende meno competitivo il mercato del lavoro italiano e alimenta occupazione sottopagata e precaria.
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