Tymoshenko: “Mi hanno picchiata in carcere”
Mosca – Yiulia la Tigre non si arrende. Dalla sua cella nel carcere di Kharkiv nell’Ucraina orientale, l’ex premier prova la carta della disperazione: uno sciopero della fame per ricordare al mondo il suo dramma e denunciare le ultime violenze subite. Ma le preoccupazioni sulla sorte dell’eroina della rivoluzione arancione, condannata a sette anni dopo un processo senza prove, hanno ormai raggiunto il livello di guardia: «Non uccidete Yiulia», recitava ieri uno striscione portato in Parlamento a Kiev dai deputati del suo partito Batkivscina (Patria) che hanno occupato l’aula per ore. E l’idea che qualcuno stia tramando una lenta eliminazione fisica della donna più odiata dal governo ucraino comincia a diventare un’ossessione tra i militanti del secondo partito del Paese.
La stessa Tymoshenko comincia ad avere paura come si legge nel drammatico racconto inviato per iscritto al suo avvocato e diffuso su Internet. Il momento più difficile è stato venerdì sera. La Tymoshenko aveva appena consegnato alla direzione del carcere il suo rifiuto a farsi curare nell’ospedale della città di Kharkiv come stabilito dai giudici. «Poco dopo – racconta – sono entrati in cella tre uomini molto muscolosi, mi hanno avvolto in una coperta e mi hanno sollevato per aria. Ho provato a difendermi quando mi è arrivato un colpo fortissimo allo stomaco che mi ha spezzato il fiato. Ho veramente temuto di essere arrivata alla fine della mia vita…». Il racconto prosegue con la deportazione della detenuta eccellente nell’ospedale locale e il suo rifiuto di ricevere il cibo. Riportata in carcere lunedì l’ex premier ha potuto incontrare il suo avvocato Sergej Vlasenko, l’unico autorizzato a farle visita, che adesso racconta spaventato: «Ha lividi dappertutto, non mangia. La sua malattia resta un mistero. Temiamo veramente che le cose possano precipitare».
Più lucida politicamente Yiulia Tymoshenko cerca di andare al di là della questione personale affermando che «il presidente Viktor Yanukovich sta trasformando l’intero Paese in un immenso campo di concentramento. Il nostro unico obiettivo deve essere quello di fermarlo». Un appello preciso ai suoi giovani eredi di Batkivscina e in particolare ad Arsenj Jatsenuk che dovrebbe proporsi come leader di un “Blocco Yiulia Tymoshenko” che riunisca tutte le opposizioni alle elezioni parlamentari del 28 ottobre.
Una brutta grana per il Presidente Viktor Yanukovich che rischia di prendere una sonora sconfitta da una rivale in galera. Per non parlare delle pressioni della Ue che, anche ieri, ha chiesto spiegazioni e garanzie sulla sicurezza personale di Yiulia Tymoshenko. Il tutto mentre si temono manifestazioni che possano turbare gli Europei di calcio di giugno.
Che l’operazione contro l’ex premier sia caratterizzata da un accanimento personale, figlio delle vecchie ruggini della rivolta arancione del 2004, è palese. La condanna a sette anni per aver firmato un contratto di acquisto del gas russo a “prezzi sfavorevoli per il Paese” ha già suscitato critiche in tutto il mondo. Da qualche giorno è inoltre partito un altro processo, già formalmente prescritto, per evasione fiscale e appropriazione indebita che potrebbe finire con una condanna ad altri 12 anni.
Sommersa dai processi e schiacciata fisicamente in cella senza cure adeguate Yiulia Tymoshenko non ha altra scelta che drammatizzare per provare a uscire dall’angolo. Ma non è solo calcolo. La paura è palpabile nel suo staff e nella sua famiglia. Proprio ieri il marito Olexander, esule a Praga, inviava sul web una lettera aperta a Putin e a Obama: «Non vi chiedo di interferire sulla giustizia di un paese sovrano. Ma vi prego, vigilate perché non uccidano mia moglie!».
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