Nagel lascia Generali, Bollorè esce da Mediobanca

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MILANO – Fioccano le lettere di dimissioni dei protagonisti della finanza italiana, pizzicati dalla norma che vieta i doppi incarichi voluta a Natale dal governo Monti per aumentare la concorrenza nel settore. Ieri a lasciare poltrone “in pelle umana” sono stati alcuni tra i più importanti dei 1.023 manager, amministratori e sindaci di banche, assicurazioni e finanziarie coinvolti. Alberto Nagel e Francesco Saverio Vinci, i due dirigenti di punta di Mediobanca che hanno dovuto lasciare il cda di Generali, poi Vincent Bolloré, azionista forte che ha lasciato il cda di Mediobanca (tanto siede nel suo patto), optando per Generali, dov’è vicepresidente.

A ventiquattr’ore dalla scadenza del termine entro cui i diretti interessati devono adempiere alla norma, pena la decadenza da tutti i loro incarichi, mancano però altri nomi di rilievo. Come Jonella Ligresti, presidente di Fonsai in via di conferma (e che pertanto dovrebbe lasciare il cda di Mediobanca), Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit in uscita dal consiglio di Piazzetta Cuccia (la sua lettera di dimissioni è in viaggio), Angelo Casò (consigliere indipendente di Mediobanca e presidente di Milano assicurazioni), Fabio Roversi Monaco, consigliere della merchant milanese espresso dalle fondazioni, ma che ha cariche in Alleanza-Toro. Fin qui le figure che – anche viste le 12 pagine di linee applicative dell’art. 36 diramate venerdì da Bankitalia, Isvap e Consob – appaiono “incompatibili” a tutti gli effetti. Poi ci sono le aree grigie, che per esempio potrebbero riguardare Lorenzo Pellicioli e Francesco Gaetano Caltagirone nella loro veste di consiglieri del Leone di Trieste. Il primo presiede “anche” Dea Capital, che controlla Idea Capital Funds Sgr e Fimit Sgr Immobiliare. Ma secondo fonti della conglomerata novarese, che ha interpellato studi legali, «non sussiste incompatibilità » nei ruoli del suo manager-consigliere. Quanto al costruttore romano, che per le nuove misure s’era già  dimesso da vicepresidente Mps, ha fatto sapere che la vicepresidenza di Generali non è incompatibile con le cariche nel gruppo d’origine, perché il presidente di Caltagirone spa non siede nel cda di Fabrica Immobiliare Sgr, né in organi delle finanziarie a monte della sua catena di controllo. Anche per Pellicioli non sembrano in vista dimissioni, anche se saranno i loro cda a dover verificare l’effettiva aderenza degli interessati alla norma. E in caso di diverso avviso, entro un altro mese dalla trasmissione dei loro verbali le authority di riferimento (Isvap per le polizze, Via Nazionale per il credito e le Sgr, Consob per le Sim) diranno l’ultima parola.
I maggiori scossoni si registrano sull’asse Unicredit-Mediobanca-Generali, ma non sembra che i vuoti saranno colmati tanto presto. Sabato è in agenda l’assemblea a Trieste, ma non dovrebbero esserci rimpiazzi rapidi. Mediobanca, che con Nagel dovrebbe rinunciare anche alla sua vicepresidenza in Generali, s’è presa un paio di settimane per trovare i nomi giusti. Uno dovrebbe essere Clemente Rebecchini, manager interno che presiede già  la holding Telco, mentre l’altro è ricercato all’esterno, tra i professionisti. A Piazzetta Cuccia, invece, sarà  il consiglio dell’11 maggio a cooptare i sostituti di Doris, Palenzona, Bolloré, Ligresti e forse Casò e Roversi Monaco.
Oggi si è svolta l’assemblea di Banca Generali, che per l’ad della controllante Giovanni Perissinotto «è molto solida e in grado di rafforzarsi, dopo un primo trimestre estremamente soddisfacente». Perissinotto ha lasciato la presidenza a Giorgio Girelli, finora ad sostituito da Piermario Motta.


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