Siberia. La sfida dello Zar Putin “Ripopolerò quelle terre”

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MOSCA. È stato il sogno proibito degli Zar, e uno dei fallimenti di Stalin. Ne fantasticava Anton Cechov nei suoi vagabondaggi letterari, lo vedevano come un miraggio irraggiungibile milioni di deportati nei gulag: riportare la vita in Siberia, popolare la terra più inospitale del Pianeta e sfruttarne i tesori nascosti da una natura ostile e desolata. Vladimir Putin, all’alba del suo terzo mandato da Presidente, ha deciso di lanciare la sfida e tentare la conquista di diecimila chilometri quadrati di taiga e ghiacci, abitati da appena cinque milioni di persone in gran parte nomadi, divisi in ben trentuno diverse etnie. L’idea scuote l’orgoglio nazionalistico dei russi, fa progettare nuove e imponenti speculazioni agli oligarchi di città . E preoccupa i vertici cinesi che da tempo guardano alla “Terra che dorme” (il significato di Siberia in tartaro antico) come un obiettivo per la loro espansione. Da tempo Mosca guarda infatti con diffidenza all’arrivo di poderose colonie cinesi che prendono in affitto pluridecennale i terreni sul versante russo del fiume Amur dimostrando maggiore adattabilità  e ostinazione dei disorganizzati contadini locali.
La chiave dell’operazione si chiamerà  “Società  per lo sviluppo della Siberia Orientale e dell’Estremo Oriente russo”. Avrà  sede a Vladivostok, poteri decisionali illimitati, e dipenderà  direttamente dal Presidente. Lo scopo è quello di avviare progetti per sfruttare le immense risorse ancora inesplorate e far affluire il numero più alto possibile di lavoratori in zone impervie e desolate. Nel mirino c’è, per esempio, il giacimento d’oro di Sukhoj Log, uno dei più grandi al mondo, ancora tutto da sfruttare nel sottosuolo della regione di Irkutsk, quella descritta da Julies Verne in “Michele Strogoff”. Così come fanno gola i giacimenti di ferro di Udorongskoje e Nizhhneangarskoje, o il lago sotterraneo di petrolio di Lodochnonoje come gli sterminati bacini di carbone della lontana repubblica di Tuva.
A tutti coloro che investiranno in queste aree la “Società ” concederà  sgravi fiscali mai visti in Russia. Ma il problema fondamentale è convincere i lavoratori ad affrontare zone nelle quali la temperatura invernale può scendere anche sotto ai cinquanta gradi sottozero e dove le strutture attualmente esistenti non consentono un minimo di vita sociale. Escluse, per vari motivi, le deportazioni di massa che Stalin operò senza ritegno dal ‘37 in poi, la soluzione prescelta da Putin è quella del forte incentivo economico. Il cittadino russo che deciderà  di lavorare anche per un certo periodo di tempo in Siberia, godrà  del rimborso totale, non solo delle spese di trasferimento, ma anche di quelle di mantenimento, dalla casa al cibo. Riceverà  inoltre un grosso premio economico iniziale e una speciale “indennità  Siberia” da affiancare al salario base.
Ancora più allettante dovrebbe essere la corsa all’Est per gli immigrati delle ex repubbliche sovietiche che affollano le grandi città  russe. Agli stranieri che opteranno per la Siberia sarà  concesso il permesso di soggiorno e facilitate le pratiche per l’ottenimento della agognata cittadinanza russa. “Tutti in Siberia” sarà  dunque presto lo slogan per rispondere alla crisi economica e al conseguente malcontento popolare.


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