Esodati. Decreto per sciogliere il nodo una corsia preferenziale garantirà  il ritorno al lavoro

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Come si esce dal labirinto degli esodati? Soprattutto, quanti sono gli «esodandi»? Se il primo termine era già  brutto, questo secondo è orribile. Ma non sembra esserci un modo diverso per definire coloro che oggi sono in mobilità  e domani potrebbero diventare esodati, cioè privi sia della copertura della mobilità , sia della pensione. Con la nuova riforma previdenziale l’età  pensionabile si è allontanata rendendo fasulli tutti i calcoli fatti negli anni scorsi con gli accordi su prepensionamenti e mobilità  verso la pensione. Come se un ingegnere avesse progettato un ponte e dopo averlo costruito avesse allargato il fiume. Finora sono già  caduti in acqua in 65 mila ed è per loro, gli esodati veri e propri, che il governo ha già  trovato la copertura finanziaria per allungare gli ammortizzatori sociali fino all’inizio della nuova età  pensionabile. Insomma, per loro il ponte verrà  allungato fino a raggiungere la nuova riva. «E’ da notare – sottolineavano ieri al ministero del Lavoro – che i 65.000 esodati sono formalmente senza pensione oggi, perché la riforma è entrata in vigore il primo gennaio scorso, ma concretamente lo saranno solo dal primo gennaio 2013, perché gli effetti del nuovo regime si fanno sentire solo dodici mesi dopo». Dunque gli esodati di oggi avrebbero cominciato realmente a bagnarsi nell’acqua del fiume solo a gennaio prossimo. Ma il governo gli ha allungato il ponte e non correranno questo rischio.
Risolta così la pratica del 65.000 esodati, resta da affrontare il tema degli esodandi. Quanti sono? Quanti, a partire dalla seconda metà  del 2013, si troveranno senza mobilità  e senza pensione? O dovranno allungare il periodo di versamento volontario dei contributi? Le stime dicono che i lavoratori oggi in mobilità  verso la pensione dovrebbero essere circa 130 mila mentre versano contributi volontari in 200 mila. E’ per questa platea che al ministero del Lavoro si sta studiando una soluzione. «Va premesso – dicono i collaboratori di Fornero – che si tratta di una platea virtuale, nel senso che nessuno sa quanti si troveranno effettivamente senza reddito in conseguenza dell’allungamento dell’età  pensionabile». Lo Stato non sembra essere in grado oggi di garantire a tutti la copertura, l’allungamento del ponte già  assicurato ai primi 65 mila. E’ per questo che si sta studiando un decreto in grado di risolvere, almeno in parte, la questione.
L’idea di fondo è quella di favorire il ritorno al lavoro degli esodandi per il tempo necessario a riconquistare la riva della pensione. Un periodo lavorativo che dovrebbe durare due-tre anni. Il decreto potrebbe prevedere una sorta di corsia preferenziale per l’assunzione degli esodandi trasformandoli in una specie di categoria protetta anche con vantaggi per le imprese che li assumono. Quel che è certo è che gli esodandi non potranno tornare, se non in casi particolari, nel luogo di lavoro da cui sono usciti negli anni scorsi. Perché spesso la loro uscita dagli organici è stata contrattata dai sindacati con la stabilizzazione di giovani precari. Clamoroso il caso delle Poste dove nel 2009 migliaia di dipendenti sono andati in mobilità  in cambio dell’assunzione dei figli. O quello della Fiat di Termini Imerese dove il piano di mobilità  verso la pensione è stato firmato dal ministero dello Sviluppo economico negli stessi giorni in cui il mistero del lavoro decideva l’allungamento dell’età  pensionabile.
Al ministero del lavoro fanno osservare che, in ogni caso, gli effetti pratici delle decisioni si vedranno solo dal 2013 in poi. Ma a mettere fretta è il senso di insicurezza che torna ad attanagliare decine di migliaia di ex dipendenti ormai convinti di aver sistemato i conti con il loro futuro. Feste d’addio con gli ex colleghi, calcoli sul reddito familiare, tutto sembra andare in fumo di fronte alla prospettiva di un ritorno al lavoro sia pure per due-tre anni. Ed è questa insicurezza che rende urgente uscire una volta per tutte dal labirinto.


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