A Melfi si vota solo fuori la fabbrica Dentro c’è la matita cancellabile
Prima perché nelle ultime elezioni democratiche della Rappresentanza Sindacale Unitaria, la Fiom era il primo sindacato. Prima perché basta essere davanti ai cancelli per un volantinaggio per vedere quanti volantini rimangono per terra o quanti si fermano per chiedere «ma quando rientrate? Dentro così non si va avanti». Quelle che la Fiat ha voluto celebrare non sono le elezioni della Rappresentanza Sindacale Aziendale (sarebbero bastate delle banali «nomine» delle organizzazioni sindacali che hanno aderito al contratto collettivo specifico), ma il tentativo di «ritorno alla normalità » senza la libertà delle lavoratrici e dei lavoratori di poter contrattare, negoziare, essere liberi di scegliersi il sindacato.
All’apertura della procedura elettorale la Fiom Cgil ha inviato i nominativi per la commissione elettorale, ma una risposta scritta. La competizione elettorale non ha nulla di trasparente, chiaro, nessuna discussione, assemblea, nulla di nulla; solo il tentativo di offrire una parvenza di democrazia che poi è naufragata nei seggi. All’uscita dai cancelli, i racconti su quelle che in molti hanno definito «elezioni farsa», parlano di candidati arrivati in alcuni reparti e accolti al grido di «vai a lavorare», mentre altri raccontano che iscritti alla Fiom Cgil hanno potuto constatare e contestare che alle lavoratrici e ai lavoratori per votare è stata data una matita cancellabile. Ma arrivano i responsabili aziendali a tranquillizzare la situazione: è tutto normale, si può continuare a «votare» con quella matita. L’ennesima dimostrazione che in Fiat si vota solo quando e soprattutto come decide l’azienda.
Ma fuori dallo stabilimento, alle lavoratrici e ai lavoratori, insieme a un volantino di denuncia la Fiom regala anche delle penne per denunciare la «truffa del voto cancellabile». I lavoratori passano e chiedono se si hanno notizie sulla cassa integrazione o sul piano industriale; perché dentro non si sa nulla, sembra esserci una tranquillità surreale data anche dall’uso di sei ore d’assemblea per il solo voto. È la normalità imposta dai responsabili che girano assicurandosi che tutti abbiano «fatto il proprio dovere». L’ennesimo dovere, l’ennesima pressione.
Quello che per l’azienda conta, è dimostrare che senza la libertà delle lavoratrici e dei lavoratori tutto procede tranquillo. Così non è. Sono state più di 1.500 le schede votate nelle urne allestite davanti i cancelli. Per tre giorni un furgone della Fiom Basilicata, insieme ad un altro arrivato da Pomigliano, sono serviti da «saletta sindacale mobile». Mini-assemblee nascono e si concludono in poco tempo tra chi entra e chi esce.
L’articolo 18, la riforma del mercato del lavoro, la crisi, rimangono fuori dal perimetro della Fiat Sata, perché qui l’ultima assemblea sindacale risale a dicembre e a tenerla c’era Maurizio Ladini. Il 19 sera a Melfi, le altre organizzazioni sindacali hanno impiegato una notte intera a contare e ricontare le schede cancellabili. Nel pomeriggio alcuni iscritti alla Fiom hanno chiesto invano di poter entrare per assistere allo scrutinio. Stupisce che in tanti esultino per la primavera che spira lontano da casa e nessuno s’indigna per quello che accade negli stabilimenti dell’»eroe dei due mondi».
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