L’Istat ha diffuso ieri il dato degli «inoccupati». Insieme ai disoccupati si arriva a 5 milioni

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Christine Lagarde parla di «generazione perduta», mentre l’Istat conta in Italia tre milioni di «inattivi», quelli che vorrebbero un lavoro ma non hanno più voglia o possibilità  di cercarlo.
«È una mia grande preoccupazione», dice la presidente del Fondo monetario internazionale a proposito del rischio che una bella fetta di europei manchi l’appuntamento con l’occupazione, almeno così come l’abbiamo conosciuta finora. L’ex ministro francese parla della Spagna ma pensa all’Italia, e non solo. A chi le domanda come mai il Fmi sia così «severo» con il nostro Paese ha visto le stime di crescita al ribasso Lagarde ha risposto che non si tratta di severità , «vogliamo solo che torni l’equilibrio e che il Paese cammini con le proprie gambe».
La ricetta si conosce, è sempre la stessa: conti e crescita. Ma tenere a bada i primi e spingere la seconda non è facile, anzi. La realtà , almeno quella di casa nostra, conta tre milioni di persone che vorrebbero lavorare, ma hanno smesso di cercare un’occupazione. Pesano sul totale della forza lavoro per l’11,6 per cento, tre volte in più del resto d’Europa. È la mancanza di fiducia a pesare sulla nullafacenza di almeno un milione di persone (43%). Gli scoraggiati crescono a ritmi veloci, quasi il cinque per cento sul 2010, mai così male dal 2004. In Italia abita un terzo degli 8,6 milioni di europei disposti a lavorare ma non più a cercare un posto.
«Inattivi» e disoccupati, oltre due milioni di persone pari all’8,4 per cento sulla forza lavoro, messi insieme fanno cinque milioni di italiani a braccia incrociate nel 2011. A farla da padrone, dal punto di vista anagrafico, sono i 15-24enni, la «generazione perduta» alla quale faceva riferimento la Lagarde. La troviamo in (buona) parte nel Mezzogiorno e spesso si tratta di donne. In alcuni casi, poi, sembra di assistere ad una sorta di ritorno al passato, con una donna su cinque che non cerca lavoro per dedicarsi alla cura dei figli e della famiglia. Anche questa è la crisi.
IMPRESE IN AFFANNO
C’è da dire del resto che, al di là  della voglia, trovare lavoro è complicato. A febbraio gli ordinativi delle imprese sono calati del 13 per cento sull’anno scorso. Si tratta del dato peggiore dal 2009. Mentre il fatturato industriale diminuisce dell’1,5 per cento sul 2011. Sindacati e politica rinnovano l’allarme: Fulvio Fammoni, segretario confederale dell aCgil, parla di «un esercito di disoccupati che continua a crescere». E aggiunge: «Eravamo accusati di disfattismo ai tempi del centrodestra, quando sostenevamo ciò che oggi evidenzia l’Istat, ma questa è invece, e purtroppo, la realtà  dell’Italia, che va cambiata urgentemente». Il segretario generale aggiunto della Cisl, Giorgio Santini, punta sulla necessità  di riformare «il lavoro, valorizzando la buona occupazione e penalizzando le flessibilità  malate». Mentre l’Ugl sottolinea che «l’aumento sproporzionato degli scoraggiati è lo specchio di un Paese che sta rischiando seriamente di non avere più la forza, e la volontà , di superare la crisi». Per i Democratici interviene direttamente il segretario Bersani, nel corso del meeting dei leader progressisti europei, che punta il dito contro la finanza. «Il costo della crisi non può pagarlo tutto il lavoro e il welfare -diceilnumerounodelPd-Unpo’ deve pagarlo la finanza». Con i colleghi europei Bersani discute di «Riscrivere il mondo» e attacca le risposte della destra europea alle difficoltà  economiche. Reazioni inadeguate anche «ideologicamente» perché puntano sul ripiegamento quando invece ci vorrebbe solidarietà . Così non si risolvono i problemi e si suscitano risposte populiste. Per superare veramente la crisi, ha detto il segretario, serviranno scelte precise, e ciò chiama in causa il ruolo dei riformisti, che devono ritrovarsi e indicare le «grandi discriminanti» dell’equilibrio e della reciprocità .
Dura anche l’Idv, che ricorre alla metafora: «L’Italia sta ballando sul Titanic -dice Maurizio Zipponi, responsabile Lavoro e WelfareEMonti continua a dirigere l’orchestra dei banchieri come se nulla fosse».


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