Arriva Giorgio Squinzi, il presidente «social»

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Esordio di Giorgio Squinzi alla guida della Confindustria (anche se il passaggio di consegne da parte di Emma Marcegaglia avverrà  all’Assemblea di fine maggio): il presidente designato ha presentato ieri la sua squadra e il suo programma alla giunta, che ha approvato con 102 voti a favore, 21 contrari e 22 astenuti. Una buona maggioranza quindi, superiore certamente alle precedenti fasi di divisione interna (quando era in corsa con Alberto Bombassei), ma che comunque in quei 43 tra contrari e astenuti individua una buona area di quasi un terzo di «critici». 
Nella sua relazione programmatica, Squinzi (patron della Mapei) è partito dalla considerazione che «la crisi ha evidenziato l’importanza di uscire da una finanza fine a sé stessa e tornare alla piena centralità  dell’industria e del manifatturiero», e ha quindi poi ribadito «la centralità  delle piccole, medie e grandi imprese e degli imprenditori, chiamati a produrre la crescita economica». La riforma più importante «per restituire competitività  alle imprese italiane è quella della Pubblica amministrazione, dato che le inefficienze della burocrazia ostacolano la crescita economica, drenano le risorse pubbliche e private e frenano gli investimenti». 
In tema di sviluppo, invece, «c’è bisogno di una robusta sferzata e oggi più che mai è di vitale importanza varare interventi strutturali per rimettere l’economia del Paese su traiettorie virtuose di crescita qualificata a medio-lungo termine». «Per lo sviluppo del Paese – è tornato a sottolineare il presidente designato – è necessario ricominciare a fare politica industriale». Per questa ragione, già  dalla prossima Assemblea di maggio, «sarà  presentato un Manifesto programmatico di azioni concrete da realizzare sia direttamente sia come scelte della politica».
Altro capitolo importante per la Confindustria che verrà  sono le «liberalizzazioni e privatizzazioni», che dovranno continuare, e un «più facile accesso al credito». Le imprese devono rafforzare i propri patrimoni, e per contribuire a questo fine «bisogna accorciare i tempi di pagamento della Pubblica amministrazione». Squinzi ha ricordato che «durante la crisi, lo Stato italiano ha allungato i tempi medi dei pagamenti da 128 giorni a 180, mentre quello tedesco li ha ridotti da 40 a 35 giorni e quello francese da 70 a 64».
Ancora: si dovrà  rafforzare il capitolo infrastrutture, tradizionali e telematiche, ma anche le reti di impresa e le delegazioni e lobby di industriali presso la Commissione europea, a Bruxelles. 
Relazioni industriali: Squinzi invoca «pragmatismo e buon senso», non solo regole contrattuali buone una volta per tutti, ma «costruzioni giorno per giorno». E tema interessante, forse inedito nelle ultime presidenze, «riaffermare il valore e la funzione sociale dell’impresa e dell’imprenditore». Lo sviluppo, inoltre, «dovrà  sempre di più essere sostenibile, sia socialmente che ambientalmente». C’è l’ambizione a creare una nuova Confindustria, più illuminata?
C’è poi il capitolo fisco: il sistema italiano «non solo non sostiene l’impresa, ma la sottopone a una tassazione squilibrata almeno quanto quella che colpisce i lavoratori». La pressione fiscale su lavoro e impresa «va ridotta». 
La squadra di presidenza è formata da 11 vicepresidente e 5 comitati tecnici. Ecco i vice: Diana Bracco (Ricerca e Innovazione); Aurelio Regina (Sviluppo); Gaetano Maccaferri (Politiche regionali e semplificazione); Antonella Mansi (Organizzazione); Aldo Bonomi (Reti d’impresa); Ivan Lo Bello (Education); Stefano Dolcetta (Relazioni industriali); Fulvio Conti (Centro studi); Alessandro Laterza (Mezzogiorno). Ci sono poi i vicepresidenti di diritto: Vincenzo Boccia (Piccola industria, credito e finanza per le Pmi); Jacopo Morelli (Giovani imprenditori). I comitati tecnici: Fisco (guidato da Andrea Bolla); Internazionalizzazione (Paolo Zegna); Sicurezza (Salomone Gattegno); Ambiente (Edoardo Garrone), Tutela made in Italy e lotta alla contraffazione (Lisa Ferrarini).


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