Il corpo del movimento

Loading

Sulla scena tre grandi ancore sospese. Un sistema complesso di corde e di carrucole. E c’è un uomo: un mozzo, sulla piccola prua di una «nave immaginaria». Il suo corpo è parte del sistema: imbracato preso, agganciato per la schiena … sembra legato a un’ancora soltanto, eppure, a ben guardare è lui a muovere ogni cosa, l’artefice è il suo stesso movimento, quanto più ampio libero e cosciente.. A Linea d’Ombra, il Festival delle Culture Giovani, guidato da Peppe D’Antonio con la codirezione artistica di Diego Da Silva, Luca Granato e Agostino Riitano – (a Salerno dal 16 al 22 aprile) – un tracciato sempre più focalizzato sul confronto fra arti e linguaggi differenti, nella sezione performing art è andato in scena Acqua santa , il primo capitolo della Trilogia degli occhiali di Emma Dante. Sull’autrice e sull’impronta unica e deflagrante del suo teatro tanto si è riflettuto e detto, così come sulla Trilogia, ultimo esito di una ricerca fiammeggiante e stratificata, dunque altro non dirò se non che la scelta di Acqua santa, per lingua e per matrice affine alla tradizione napoletana classica, è divenuta in questo caso prezioso ponte di interazione con il territorio, da cui, con coinvolgente abilità , sono stati poi accesi i fuochi estremi dell’indagine esistenziale di Dante e dei suoi fantastici attori della Sud Costa Occidentale. Ma accanto alla vicenda stralunata e struggente dello Specchiato, si è agita una pagina della storia, fino a qualche tempo fa misconosciuta, delle lavoratrici e dei lavoratori della cultura. Nitido forte e pieno di cura il gesto che ha condotto Emma Dante all’invio di un appello rivolto al pubblico della pièce, che è stato letto dalla redazione del festival, già  nel foyer del teatro Augusteo, uno dei luoghi di Linea d’Ombra. L’appello si intitola «Tempo scaduto. Il contagio continua» a perorare le vie germinate a seguito di due recenti fondamentali venerdì. Venerdì 2 marzo, grazie al collettivo dei lavoratori dell’immateriale e dello spettacolo La Balena, è cominciata l’occupazione dell’ex asilo Filangieri di Napoli, sede del Forum Universale delle Culture. Sempre di venerdì lo scorso 13 aprile all’ormai quasi annuale esperienza del Teatro Valle di Roma e a quella del Teatro Coppola di Catania, anche Palermo ha risposto al contagio con l’occupazione del Teatro Garibaldi (per firmare www.teatrogaribaldiaperto.wordpress.com e www.labalena.wordpress.com). Tre ancore dicevamo all’inizio. Tra queste allora una potrebbe essere quella della «ricompattazione della forza-lavoro immateriale e cognitiva»: una grande categoria a comprendere ricercatori e artisti, lavoratori dello spettacolo e della conoscenza, autrici e autori, lavoratori autonomi e intermittenti, fino a qualche tempo fa cancellati dalla scena sociale, resi, e resisi, invisibili e muti, nonché deprivati di diritti e tutele. Una seconda ancora può invece essere quella del contagio della pratica dell’occupazione che, come il Valle continua a dimostrare, può farsi propulsivo strumento di riappropriazione di luoghi della cultura stravolti nel loro ruolo e nella loro funzione da incancrenite dinamiche di gestione istituzionale. Infine una terza ancora è per «un nuovo sistema di regole» da cui «immaginare una nuova istituzionalità  della cultura intesa come Bene Comune» e «una nuova gestione condivisa e partecipata che, in totale autonomia, ridefinisca tempi e priorità  del proprio lavoro e sperimenti un nuovo linguaggio creativo comune». Se è vero che l’essenziale è invisibile agli occhi, bisogna avere il coraggio di dire che la cultura è sangue, corpo, cuore e cervello di chi l’agisce veramente con la propria vita e con il proprio lavoro. Sui bug e gli orrori del lavoro culturale non riconosciuto e non tutelato Bianciardi aveva detto molto, tanto, ma è necessario che ciascuno di noi aggiunga il proprio insostituibile tassello. Gettata con un gesto crudelmente teatrale alla Artaud la maschera competitivo-individualistica che tanto fa il gioco perverso del sistema, che si pasce di una concezione hobbesianamente distruttiva dei rapporti tra i lavoratori, è il tempo della consapevolezza di sé e del corpo artefice. Come i corpi distesi dei lavoratori intermittenti nel 2003 riuscirono a fermare il più grande festival di teatro del mondo, quello di Avignone, è il corpo libero e unito a fare il movimento.


Related Articles

Le rotte audaci del Mare Nostrum

Loading

 Scaffale. «Il grande mare. Storia del Mediterraneo» di David Abulafia, edito da Mondadori. Come i commerci mercantili cambiarono l’economia nel basso Medioevo, inventando anche una comunanza di capitali per trarre maggior profitto dagli scambi

Petrarca, viaggi, ebraismo: ecco i libri di Michelstaedter

Loading

Certi personaggi raggiungono la piena maturità e creatività da giovani, e da giovani acquistano anche la fama. Altri muoiono giovani e la loro azione sul consorzio umano incomincia decenni dopo la loro morte. Piero Gobetti e Carlo Michelstaedter appartengono a questi ultimi. Morti tutti e due a 23 anni, il primo per malattia polmonare, negli anni Venti; il secondo suicidatosi con un colpo di rivoltella nella soffitta della casa dei suoi, a Gorizia, il 17 ottobre del 1910.

IL VERO FURORE

Loading

ECCO IL CAPOLAVORO DI STEINBECK PER LA PRIMA VOLTA SENZA CENSURE
Sforbiciato dal fascismo il romanzo simbolo della Grande Depressione non era mai uscito in versione integrale 

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment