«L’Imu farà  crollare i prezzi del mattone»

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Ma per la fine dell’anno, secondo la ricerca presentata ieri dal Censis e da Confcommercio, i prezzi delle case cadranno in media del 20%, con punte del 50 soprattutto sul mercato delle seconde case. Le ragioni sono sotto gli occhi di tutti, spiega di direttore dell’istituto, Giuseppe Roma. «Innanzitutto c’è il reddito degli italiani, che non solo non aumenta ma viene assorbito sostanzialmente da due tipologie di spese: da un lato i carburanti, dall’altro le tasse e le tariffe». Si tratta delle «spese necessarie» incomprimibili che costringono ad erodere spesso il patrimonio accumulato – i risparmi sono solo una parte, già  molto assottigliata da quattro anni di crisi – dal cosiddetto «ceto medio» (voce altamente improbabile, ormai, in cui vengono compresi di norma tutti i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, qualsiasi sia il loro reddito reale).
Si è passati da una media annuale di poco più di 800 mila compravendite (tra il 2004 e il 2007) al «preoccupante» meno di 600 mila del 2011. Se negli «anni zero» dunque si era avuta una costante crescita dei prezzi (favorita indubbiamente dall’altissimo livello degli affitti e dalla scomparsa dell’Ici), ora può essere archiviata una mini-caduta, nell’ordine del 3-4%.
La reintroduzione dell’Imu – accoppiata a una revisione drastica degli estimi catastali sulla base del criterio del «metro quattro» al posto dei più vaghi «vani» – rischia di far scoppiare la bolla immobiliare italiana. Un evento in parte atteso e giustificato dal livello spesso assurdo dei prezzi (un box auto nella semiperiferia romana costa quanto un bilocale a Berlino), ma che aggiungerà  pesanti effetti recessivi sulla già  depressa economia italiana.
I dati in mano al Censis parlano chiaro: la famiglia ha bisogno di soldi, e dal lavoro non ne vengono di più. Anzi. Chi paga un mutuo (circa 4,3 milioni di famiglie) era in difficoltà  già  l’anno scorso (il 10,5% del totale); a giugno 2012 la percentuale sarà  più che raddoppiata (22,6). Le cifre dovute per l’Imu complicheranno ancora di più la vita, spingendo molti a mettere in vendita la casa. Ci si aspetta che il mercato delle seconde case sarà  il primo a cedere (con cadute di prezzo che potrebbero sfiorare il 50%), perché vendendo si realizzano liquidi e si mette fine a una fonte di spesa (tariffe, riparazioni, spostamenti). Ma il fenomeno interesserà  anche le abitazioni di residenza. Con effetti cumulativi: per una basilare «legge di mercato», se in tanti vendono tutti insieme lo stesso bene, il prezzo dovrà  calare molto. Favorendo tra l’altro una maggiore concentrazione di questo tipo di ricchezza in un numero molto inferiore di mani (chi è che oggi dispone di liquidità , nella crisi?).
L’Imu, in effetti, non distingue tra grandi e piccoli proprietari, né tra case di prestigio e piccoli appartamenti di periferia. Tutti dovranno perciò pagarla; cambierà  solo la misura, proporzionale al valore di mercato dell’immobile e alle dimensioni. Ma è noto che tutte le tasse teoricamente «paritarie» incidono in modo più pesante sulle tasche mezze vuote che non su quelle molto piene.
Ma gli effetti macroeconomici potrebbero essere anche più gravi. Una caduta di valore di questa entità  si traduce immediatamente in un blocco sostanziale dell’attività  edilizia, con chiusura di aziende e licenziamenti di massa «per crisi». Va inoltre ricordato che gli immobili rappresentano il 53% della ricchezza patrimoniale del paese: una svalutazione rapida e pesante peserà  dunque anche sul Pil (e sulle strategie di rientro del debito pubblico). Un vero successo economico, insomma.


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