Vertice tra Monti e i leader «C’è un nuovo patto politico»

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ROMA — Stavolta non si scattano foto da spedire su Twitter, non c’è l’aria quasi giuliva che caratterizzò l’ultimo vertice di maggioranza, il plastico ritratto di ABC con Monti paterno alle loro spalle che quasi se li abbracciava i tre leader di maggioranza nel salone di palazzo Chigi.
Stavolta, dopo un vertice di oltre cinque ore e mezza, nel comunicato ufficiale del governo non c’è nemmeno un accenno a nuove misure, svolte, accordi, rilanci. C’è l’impegno dichiarato dai partiti a varare in fretta la riforma del mercato del lavoro, questo sì, e l’annuncio che oggi si discuterà  di Def in Consiglio dei ministri. Ma sulla crescita, non si va oltre l’annotazione che il ministro Passera ha «dettagliatamente illustrato» l’agenda dei provvedimenti. 
Alla fine del vertice Mario Monti fa sapere di essere molto soddisfatto perché è stato siglato un «nuovo patto» tra i partiti e il governo, che si basa sulla comune volontà  di concentrarsi sulla crescita e di portare avanti con decisione le riforme. Ma nessuno nega che al vertice dei segretari con mezzo governo a prevalere è stata la «grande preoccupazione» comune e soprattutto di Monti per una situazione economica che non migliora. E dunque c’è da credere a chi giura che nell’incontro si è parlato non di Beauty Contest ma quasi esclusivamente di «crescita ed Europa», o per dirla meglio di quanto i tre segretari, il premier e i ministri siano convinti: deve essere l’Europa ad operare perché la crescita sia veramente possibile, e sulle istituzioni europee dovrà  farsi sempre più pressante la spinta dell’Italia per poter davvero uscire dal tunnel. Con la convinzione condivisa che dalla Francia arrivi una mano in questo senso, sia che vinca Sarkozy che Hollande.
Così, al termine di una serata infinita, la notizia più confortante dopo le fosche previsioni del Fondo Monetario, è una, e l’ha annunciata il viceministro dell’Economia Grilli: «Al momento — le sue parole — non c’è necessità  di una manovra correttiva». Al momento appunto, di più resta difficile dire per un governo il cui ministro dello Sviluppo, armato di decine di lucidi da mostrare ai suoi commensali, ha spiegato che i punti cardine sulla crescita restano «lo sblocco dei crediti per le imprese da parte delle amministrazioni statali, lo start-up Italia, un nuovo Cipe per stabilire gli investimenti infrastrutturali», ma ha anche aggiunto che sono cose che «richiedono tempo». Intanto, è la considerazione comune, bisogna concentrarsi per l’immediato su piccoli interventi in opere pubbliche da parte dei Comuni, almeno quelli che hanno ancora risorse da spendere, perché il patto di stabilità  «non verrà  toccato».
In un clima così, si capisce come la mina dell’ultima ora — la polemica sul Beauty Contest e la richiesta ultimativa di modifiche al provvedimento che era venuta a nome del Pdl da parte di Paolo Romani — sia rimasta fuori dalla porta. «Non ne abbiamo parlato», hanno giurato in coro tutti i partecipanti al vertice. Troppo difficile d’altronde era il passaggio per complicarlo con argomenti spinosi, divisivi, che avrebbero potuto guastare l’atmosfera di un vertice da cui tutto poteva venir fuori tranne una rottura. D’altronde, il pranzo tra il premier e Berlusconi, fissato per domani, sembra fatto apposta per risolvere la grana delle frequenze tv senza che i leader di partito siano costretti a metterci direttamente le mani.
Poi, certo, che il tema abbia aleggiato per tutto il giorno con la sua minacciosa carica esplosiva è un fatto. Ma rompere su questioni che non riguardano le tasche dei cittadini non era possibile per nessuno, e non a caso su un altro punto potenzialmente critico si è raggiunta l’intesa: la legge anticorruzione che il ministro Severino ha illustrato ai presenti sembra aver messo d’accordo tutti.


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