Frequenze tv all’asta entro 120 giorni

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ROMA – Tramonta ufficialmente il piano, del precedente governo, di regalare frequenze alle emittenti televisive tramite un beauty contest. Ieri il Consiglio dei Ministri ha deciso infatti che invece quelle frequenze saranno pagate allo Stato, tramite un’asta. Il bando uscirà  entro i prossimi 120 giorni e sarà  basato su regole stilate dall’Agcom (Autorità  garante delle comunicazioni).
La decisione di annullare il beauty contest (assegnazione in base a criteri tecnologici e di qualità  richiesti ai candidati) è in un emendamento al decreto di semplificazione fiscale. Fino al pomeriggio di ieri l’ipotesi preferita dall’esecutivo era di passare per un decreto: ma la pressione dei partiti in senso contrario ha ottenuto che si optasse per un emendamento. Potrebbe essere una via più veloce (la speranza è di chiudere la partita entro tre settimane; adesso l’emendamento è depositato alla Camera).
I motivi che hanno portato a questa decisione sono numerosi. Vista la crisi, è opportuno per lo Stato «valorizzare economicamente una risorsa preziosa quale è quella delle frequenze», si legge in una nota. Altri obiettivi: con le nuove frequenze si pensa di «aumentare ulteriormente il pluralismo, la trasparenza e l’apertura del mercato». «Si pongono così anche le basi per la chiusura della procedura di infrazione comunitaria da tempo aperta contro l’Italia». La procedura d’infrazione scaturiva appunto dalla limitata apertura del nostro mercato tv.
Il governo ritiene che l’asta servirà  anche allo sviluppo delle telecomunicazioni. Alcune frequenze infatti verranno assegnate per un tempo più limitato, così poi lo Stato potrà  darle (con future aste) agli operatori telefonici per i servizi di Internet mobile.
Le regole Agcom dovranno seguire alcuni criteri, tra cui: «partecipazione alla gara riservata agli operatori di rete, assicurando la separazione verticale tra i fornitori di programmi e gli stessi operatori di rete». Significa che chi avrà  le nuove frequenze dovrà  fare una separazione societaria tra l’operatore di rete e il fornitore di programmi (due ruoli che ora in Italia tendono a coincidere nella stessa azienda). Gli operatori di rete «dovranno consentire l’accesso ai fornitori di programmi a condizioni eque e non discriminatorie» (cioè a prezzi di mercato). «In questo modo sarà  più facile e meno oneroso accedere al mercato televisivo».
Con lo stesso emendamento, il governo ha stabilito che entro il 2012 ci dovrà  essere un riordino dei contributi per l’utilizzo delle frequenze televisive. Ha imposto inoltre ai produttori di integrare nei televisori, dal primo gennaio 2015, nuove tecnologie: il DVB-T2, cioè l’evoluzione dell’attuale digitale terrestre, e l’Mpeg-4, standard già  usato su Internet per i film. Serviranno a trasmettere più contenuti a parità  di frequenze utilizzate e quindi permetteranno di avere più canali, una migliore definizione (anche 3D) e a liberare ulteriori frequenze per i servizi banda larga mobile.
«E’ una bella notizia. Adesso la svolta è ufficiale rispetto alle politiche del precedente governo sulle frequenze», ha detto Vincenzo Vita (PD). Resta scettico invece Paolo Romani (Pdl), ex ministro allo Sviluppo Economico: «L’asta, essendo a pagamento, favorirà  i grandi e quindi non aumenterà  il pluralismo, che era l’obiettivo del mio beauty contest».


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