Addio ad Ahmed ben Bella il padre dell’Algeria libera

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Ahmed ben Bella è stato uno storico personaggio della decolonizzazione. Uno dei nove capi dell’insurrezione algerina, che, tra il 1954 e il 1962, ha condotto il paese all’indipendenza, attraverso la lotta armata. Il giovane campà®one di football, nato a Marnia nel ’16 (nonostante l’anagrafe, la data è incerta), nella provincia di Orano, aveva imparatoa usare le armi durante la Campagna d’Italia, come sergente dell’esercito francese. Edè nella battaglia di Monte Cassino che si era distinto, guadagnando i gradi di adjudant (maresciallo) e ricevendo poi la croce di guerra a Roma, dalle mani del generale de Gaulle. Egli raccontava spesso ai giornalisti amici di essersi deciso alla rivolta armata contro la Francia dopo il massacro di Setif, non lontano da Costantina. In quella località , l’8 maggio 1945, era stata indetta una manifestazione per chiedere al governo di Parigi l’indipendenza dell’Algeria. I francesi avevano appena riconquistato la loro, dopo l’occupazione tedesca, anche grazie al sangue dei soldati algerini. Perché non l’accordavano anche al paese del Maghreb occupato da più di un secolo (dal 1830) e considerato un dipartimento francese, nonostante i suoi legittimi abitanti non usufruissero della liberté, dell’egalité e della fraternité, parole stampate sulle bandiere della République? La risposta arrivò dall’esercito coloniale, appoggiato dall’artiglieria navale. Cosi furono massacrati migliaia di civili. Fu allora che ben Bella decise di aderire al partito di Messali Hadj. Un partito proletario, collegato con gli emigrati in Francia, che aveva superato la moderatae inascoltata richiesta dell’ “assimilazione”, alla quale si limitavano i vecchi partiti algerini, e che, reclamando i diritti sociali, non escludeva la lotta violenta. A evocare quest’ultima erano soprattutto i reduci dalla guerra.

Il nome di Ahmed ben Bella ha occupato per la prima volta le cronache dei giornali francesi e algerini nel 1950, quando venne processato e condannato a sette anni per attività  anti francese e per avere svaligiato armi alla mano la posta centrale di Orano. La sua partecipazione alla rapina restò incerta ma i soldi dovevano comunque servire a comperare delle armi e l’azione doveva segnare il primo atto di ribellione.

Due anni dopo ben Bella evade dal carcere di Blida e riesce a raggiungere il Cairo, dove con Hocine Ait Ahmed e Mohamed Khider forma la delegazione esterna del nuovo Fronte di Liberazione Nazionale. L’insurrezione armata in Algeria comincia nell’autunno del 1954 e costerà  centinaia di migliaia di morti. Un milione dice la storia ufficiale. E l’Armée, nonostante l’impiego di centomila uomini, la tortura e la repressione, non riuscirà  a domare la rivolta. Lascerà  sul terreno, anch’essa, migliaia di morti. E un milione di coloni francesi, ricchi e poveri, furono costretti a lasciare il paese.

Nel 1956 ben Bella è di nuovo arrestato dai francesi, i quali dirottano l’aereo che lo sta portando dal Marocco in Tunisia. Viene rinchiuso nella prigione parigina della Santé, e poi spostato continuamente da un carcere all’altro. Ma riesce a comunicare con l’esterno. Ne approfitta per organizzare la Federazione di Francia dell’FLN e per mantenere i contatti con i capi dell’insurrezione armata in patria. Nel ’58, benché ancora prigioniero, viene eletto vice presidente del GPRA (il Governo provvisorio della Repubblica Algerina) formato nel frattempo.

Ritorna in libertà  esattamente mezzo secolo fa, nel 1962, dopo gli accordi di Evian, durante i quali il generale de Gaulle, convinto che non resta ormai altra soluzione, riconosce agli algerini il diritto all’autodeterminazione. Sono trascorsi dodici anni dopo la rapina di Orano e la Francia riconosce la sconfitta. L’Algeria conquista la libertà . L’indipendenza è proclamata il 3 luglio ma i capi della rivoluzione sono divisi. Ben Bella contesta la legittimità  del Governo provvisorio, ed emargina i compagni che lo difendono. Compagni che auspicherebbero una piattaforma democratica.

Dopo una sosta a Tlemcen, ben Bella rientra ad Algeri e il 27 settembre è designato presidente del consiglio.

Si propone di costruire un socialismo adeguato alla realtà  algerina. Al tempo stesso influenzato da quello cubano e impegnato a mantenere i rapporti con la Francia. Ai “piedi neri”, cioè i francesi d’Algeria che hanno abbandonato in massa il paese, sono succeduti gruppi di “piedi rossi”, formati da alcune centinaia di francesi desiderosi di partecipare all’esperienza socialista. I modi di ben Bella sono spicci. Ha fretta. Diventato segretario generale del partito si occupa con zelo dell’epurazione dell’esercito, dell’amministrazione, e dello stesso Fronte di Liberazione Nazionale, cioè del partito. Ad Algeri prevale un’atmosfera rivoluzionaria. Gli eccessi libertari si alternano agli eccessi repressivi. La società  condizionata dalla tradizione religiosa stentaa seguirei ritmi del nuovo presidente. Eletto appena approvata la costituzione, «al suono dell’Internazionale e al ritmo del Corano» dirà  con sarcasmo Kateb Yacine, il grande scrittore algerino. Siamo nel settembre ’63. E al coraggioso iniziatore dell’insurrezione algerina restano pochi mesi di potere. Il 19 giugno 1965 il colonnello Bumedien, il delfino designato, che comanda l’esercito algerino formatosi all’esterno, in Tunisia e in Marocco, compie in poche ore un colpo di Stato, proprio mentre Gillo Pontecorvo gira per le strade della capitale il film “La battaglia d’Algeri”. Comincerà  cosi un socialismo più burocratico, più rigido di quello che ben Bella si proponeva di realizzare. Ben Bella finisce di nuovo in prigione fino al 1979.

Poi viene messo agli arresti domiciliari e infine mandato in esilio. Nel settembre del 1990 è di nuovo in patria più ignorato che riverito. Ma vent’anni dopo assisterà , come invitato d’onore, al giuramento del presidente Abdelaziz Buteflika, pure lui vecchio animatore della rivoluzione. Ben Bella ha potuto cosi morire nel suo paese, che insieme ad altri compagni ha reso indipendente.


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