Cgil: via «manifesta» dal testo sull’art. 18

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Nei giorni scorsi il sindacato aveva dato l’ok affermando che il reinserimento del reintegro per motivi economici ripristinava «un principio di civiltà », ma si era riservato uno studio più attento. 
E in effetti è poi emerso – dalle dichiarazioni dello stesso premier Monti, e dall’analisi di vari giuslavoristi, riportate puntualmente dal manifesto – che il termine «manifesta insussistenza» posto a condizione della possibilità  di reintegro non solo rendeva «estrema e improbabile» (parole di Monti) l’eventualità  del reintegro, ma che soprattutto si caricava di fatto il lavoratore dell’onere della prova. 
Adesso la Cgil, nella sua memoria consegnata ieri in commissione Lavoro del Senato, si è resa conto del vulnus nella legge, e chiede la rimozione della parola «manifesta»: «La disposizione del reintegro nel caso di “insussistenza” di licenziamenti motivati da ragioni economiche non può essere soggetta alla discrezionalità  del giudice, ma deve essere esplicitamente prevista come sanzione per l’illegittimità  del licenziamento», dice il sindacato. «È incomprensibile e interpretabile, quindi da eliminare il termine “manifesta” a proposito della insussistenza del fatto posto alla base del licenziamento per motivi economici, come recita attualmente il disegno di legge», aggiunge quindi la Cgil.
La Cgil nota poi che «il ddl presentato dal governo contiene numerose e negative modifiche sia rispetto ai risultati del confronto svolto con le forze sociali che al documento approvato dal consiglio dei ministri il 23 marzo». Sono poco meno di 20 le modifiche chieste dal sindacato: a parte quella sull’articolo 18, si chiedono miglioramenti anche sui licenziamenti collettivi. Sugli ammortizzatori sociali si sottolinea che «i meccanismi previsti non raggiungono l’obiettivo di universalità », e correzioni servono anche per il contrasto alla precarietà .


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