Spari sul prete-coraggio nel centro sottratto ai clan
LAMEZIA TERME — A chi dà fastidio don Panizza? Ieri il prete bresciano dal passato operaio ha denunciato l’ennesima intimidazione. L’ideatore di «Progetto Sud» — una comunità che è a Lamezia Terme dal 1976 e che si occupa del recupero e dell’assistenza di disabili, minori e immigrati — da mesi è al centro di una campagna senza precedenti. Sarà perché don Panizza nel 2002 ha voluto e ottenuto che il suo centro fosse sistemato in uno stabile confiscato alla cosca Torcasio, un tempo molto forte sul territorio lametino? O sarà per l’attività umanitaria che dà fastidio? La prima intimidazione è avvenuta alla vigilia dello scorso Natale. Una bomba rudimentale fatta esplodere davanti all’ingresso del Centro per minori. L’ordigno causò solo danni al portone, ma provocò tanta paura tra i nove stranieri che si trovavano all’interno della struttura. Poi a febbraio scorso un colpo di pistola sparato dalla strada mandò in frantumi la finestra della sala tv, al secondo piano. Ieri altri due proiettili hanno bucato la saracinesca al piano terra.
Gli attacchi hanno spinto il ministero dell’Interno a intensificare le misure di sicurezza nei confronti di don Panizza. Don Giacomo è un prete-coraggio che ha sfidato i clan cercando di stimolare la comunità di Lamezia con iniziative antimafia senza precedenti. È stato l’unico a richiedere che l’immobile confiscato ai Torcasio gli venisse donato per fini umanitari. I vigili urbani lametini, per esempio, si sono guardati bene dal sistemare i loro uffici in quello stabile. Un «no grazie» hanno detto anche molti enti pubblici, nonostante la precarietà della loro collocazione.
La comunità «Progetto Sud» ha sede nel quartiere Capizzaglie, una zona un tempo «governata» dalla cosca Torcasio. E quel che resta della famiglia di ‘ndrangheta, decimata nella guerra di mafia che ha visto vincitori i Giampà -Iannazzo, abita proprio alle spalle del palazzo che ospita il Centro.
Le indagini non hanno portato al momento a nessun risultato. Don Giacomo continua però a dire che nessuno lo fermerà : «Queste sono cose stressanti e sarebbe importante capire le cause perché così non sappiamo come muoverci, chi denunciare e a chi dire di smetterla».
Già , da dove cominciare? «Un’indicazione precisa non ce l’abbiamo, dati certi non ce ne sono», dice il procuratore di Lamezia, Salvatore Vitello. Per monitorare la zona nella quale opera don Giacomo sono state sistemate le telecamere. L’occhio elettronico non ha però mai fornito agli inquirenti sequenze filmate in grado di dare un volto a chi continua a intimidire don Panizza.
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