“Casa Bianca, la mia corsa è finita” Santorum si ritira e punta al 2016
NEW YORK – L’idolo degli ultraconservatori, l’italo-americano Rick Santorum abbandona la gara per la nomination repubblicana. George Bush esce da un silenzio “politico” durato tre anni. E le improvvise nubi sulla ripresa economica americana ridanno speranza a Mitt Romney. Si è rimessa in movimento la battaglia per la Casa Bianca, con una destra rassegnata a compattarsi dietro il suo “candidato unico”.
Per Santorum, che già arrancava nelle primarie più recenti, il colpo di grazia è venuto da una tragica vicenda personale: l’aggravarsi della salute di sua figlia Bella, tre anni, afflitta dalla malattia genetica Trisomia 18 e ricoverata per una polmonite. «Bella ha poche probabilità di sopravvivere oltre i cinque anni», aveva ammesso in passato il padre. Ieri di lei ha detto: «Per ora sta meglio, è una formidabile lottatrice». Però dopo avere sospeso i comizi durante il ricovero di Bella, Santorum ha gettato la spugna: «Questa campagna presidenziale è finita per me. Ma non si conclude qui la mia battaglia politica». Un’allusione allo “scenario Ronald Reagan”: qualora Obama riesca a conquistare un secondo mandato, Santorum avrebbe rafforzato le sue credenziali di destra in vista della nomination del 2016 (per Reagan la campagna del 1976 fu la prova generale di quella successiva, stravinta).
Santorum ha scelto di fare questa dichiarazione a Gettysburg, in Pennsylvania, sede nel 1863 di uno storico combattimento nella guerra di secessione, il più cruento di tutti. Con il suo ritiro la contesa per la candidatura repubblicana è virtualmente conclusa. Sulla carta restano in gara Newt Gingrich e Ron Paul, ma né l’uno né l’altro ha la minima chance di farcela. La strada per Romney, che ha già conquistato il 60% dei delegati necessari, è ormai spianata da qui alla convention repubblicana che si terrà a Tampa (Florida) a fine agosto.
L’ex governatore del Massachusetts ha l’organizzazione sul territorio, ha i soldi (tanti), ha la forza della ineluttabilità . Eppure le ferite aperte da questi mesi di primarie lasciano tracce. Fino a poche ore prima dell’abbandono di Santorum, in un sondaggio Abc/Washington Post il 52% della base repubblicana si augurava che l’italo-americano restasse in gara. Perché? Santorum è emerso con la vittoria-shock di gennaio nell’Iowa e in totale ha vinto 11 Stati. Lui cattolico, si è fatto amare dalla base dei fondamentalisti religiosi protestanti, soprattutto gli evangelici del Sud, per le sue posizioni antiabortiste e anti-gay. Ha rafforzato il dubbio che il suo rivale Romney invece sia un «finto conservatore», dal passato troppo tollerante verso posizioni laiche e verso la riforma sanitaria di Obama. Ha assediato Romney anche sul fronte economico, incalzandolo con l’accusa di essere un finanziere élitario arricchitosi nel mondo del private equity (ai vertici della società Bain Capital), lontano dalla sensibilità del ceto medio e di quei colletti blu tra i quali Santorum è cresciuto.
Sono queste le accuse a Romney che ora lo staff elettorale di Obama “riciclerà ” rimandando in onda le battute più cattive dei comizi di Santorum. Anche se ora Romney non ha più bisogno di guardarsi alle spalle, gli resta un lungo lavoro di ricucitura nella base repubblicana che lo accetta senza amarlo. Per questo si muovono ormai tutti i pezzi grossi dell’establishment repubblicano, impazienti di chiudere la battaglia interna e fare quadrato per rivolgere tutta l’artiglieria pesante contro Obama. Perfino Bush, che non aveva mai fatto dichiarazioni politiche dal gennaio 2009, ieri ha rotto il silenzio. Lo ha fatto su una questione cruciale, la politica fiscale. «Chiamateli con un altro nome, non etichettateli più come i tagli d’imposte di Bush, purché li salviate», ha detto l’ex presidente. Proprio i suoi sgravi fiscali, che favorirono in modo sproporzionato i ricchi e le grandi imprese, ieri erano il bersaglio di una nuova offensiva di Obama. Il presidente parlando in una università della Florida ha rilanciato la sua proposta di Buffett Tax, la tassa sui milionari, per ragioni di equità sociale e anche per finanziare «investimenti pubblici nella scuola, la salute, la ricerca scientifica».
Obama continua la sua sterzata a sinistra, convinto che sia giusto impostare questa campagna sul terreno sociale. Gli ultimi sondaggi lo davano in netta rimonta su Romney. Però erano tutti precedenti allo scivolone di venerdì scorso, quando improvvisamente è uscito un dato negativo sull’occupazione (solo centomila nuovi posti di lavoro a marzo) che sembra rimettere in dubbio la solidità della ripresa.
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