«Subito regole nuove. Anche per decreto»

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ROMA — Una volta, fino a cinque anni fa, Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc, aveva due alleati, Berlusconi e Bossi. Uno ha dovuto lasciare la guida del governo, l’altro si è appena dimesso da segretario della Lega…
«Né l’uno né l’altro sono caduti per via giudiziaria. Berlusconi non ha fatto la rivoluzione liberale che aveva promesso. Bossi non ha saputo trasformare la protesta in proposta, ha continuato con le ampolle e le ronde padane, anziché puntare sulla rivoluzione federale».
Bossi ha detto: «Colpiscono me per colpire la Lega». Berlusconi, a proposito della Lega, parla di «giustizia a orologeria».
«Difendersi attaccando i giudici è una prova di debolezza. Tuttavia, a Bossi, che mi ha spesso coperto di insulti, concederei l’onore delle armi. Non è un ladro di polli, non ha usato la politica per arricchirsi. Ha solo perso il controllo di ciò che avveniva attorno a lui».
La Lega potrà  ancora avere un ruolo politico?
«Il film è finito. Le occasioni storiche difficilmente si ripresentano».
Qual è la differenza fra l’era di Tangentopoli (1992) e le inchieste di oggi sui fondi mal gestiti dai partiti?
«Credo che Severino Citaristi, allora segretario amministrativo della Dc, colpito da oltre 70 avvisi di garanzia e da vari anni di condanna, non si mise in tasca nemmeno mille lire. L’esempio di Lusi, invece, è sotto gli occhi di tutti. La differenza è fra finanziare manifestazioni politiche e comprare appartamenti».
Lei ha qualche buona idea per ridare fiducia al sistema?
«Una cosa da fare subito: i presidenti di Camera e Senato identifichino una società  di revisione e chiedano ai partiti di accettare una verifica immediata. Così si vedrà  chi usa i fondi per la politica e chi acquista palazzi».
Questo per l’emergenza. E poi?
«Ho presentato una proposta di legge a metà  febbraio. Prevede che i partiti che accedono ai rimborsi pubblici debbano dimostrare di avere un’organizzazione democratica e trasparente su congressi, iscritti, elezione dei dirigenti, con controllo degli statuti da parte di un’Authority statale. E prevede la verifica della Corte dei Conti sui bilanci. Inoltre, si possono rendere pubblici i nomi di chi finanzia i partiti sopra i 10 mila euro o anche sopra i 5.000: basta che poi questi “donatori” non siano esposti al pubblico ludibrio…».
Oggi se una legislatura finisce dopo tre anni, i rimborsi arrivano come se fosse regolarmente finita dopo cinque. E si sommano a quelli della nuova legislatura.
«Questa regola va abolita. Vanno aboliti anche i rimborsi per i partiti che non esistono più, come la Margherita e i Ds. Giustamente Rutelli si è impegnato a restituire allo Stato i soldi percepiti dopo la chiusura della Margherita. E vanno aboliti i rimborsi per i partiti che superano l’1 per cento e non sono rappresentati in Parlamento».
Lei è favorevole a mantenere il meccanismo del rimborso elettorale?
«Per me si può anche cambiare, ma io sono a favore di un finanziamento pubblico. A meno che non vogliamo abolire i partiti. Altrimenti, solo chi ha grandi finanziatori o grandi mezzi propri potrà  fare politica. Non credo che sia un grande passo avanti…».
I partiti, nel loro insieme negli ultimi anni, hanno incassato una cifra quattro volte superiore alle spese che hanno documentato.
«Questa è una grande ipocrisia. Ci sono le spese elettorali e quel che resta viene accantonato per la gestione corrente del partito. Eventualmente, col nuovo sistema di controlli si potrebbe scoprire se le somme erogate siano esagerate e diminuirle».
Di Pietro propone un referendum per abolire del tutto il finanziamento pubblico.
«Dico soltanto che un conto è finanziare la politica e un conto rubare. Se compro la Porsche con i fondi del partito sono solo e semplicemente un ladro!».
Bersani ha scritto una lettera a lei e ad Alfano per dire che questo tema è «di assoluta priorità ».
«Sono completamente d’accordo. Possiamo mettere la norma sulla società  di revisione per l’emergenza e poi sul controllo sistematico della Corte dei Conti nella legge anticorruzione che il ministro Severino sta preparando. Oppure il governo può fare un decreto ad hoc».
La credibilità  del sistema dei partiti sta rischiando molto?
«Se non cambiamo presto le norme rischiamo di essere travolti tutti. Le vicende di questi giorni le paga la politica intera. Bisogna aprire le nostre case, mostrare i bilanci, che tutti vadano dentro a vedere come spendiamo i soldi».
L’Udc in questi anni ha certificato in qualche modo introiti e spese?
«Non ho responsabilità  dirette nel partito da quando sono stato presidente della Camera. Ma sono sicuro che l’Udc è pienamente disponibile a verificare i propri bilanci immediatamente con ogni società  di revisione che si voglia incaricare».
Lei ha rinunciato ai benefici che spettano agli ex presidenti della Camera. Si aspettava un maggiore consenso per questa decisione?
«Ho assunto in coscienza questa decisione dopo aver pensato a lungo, vista la situazione particolare che il Paese sta attraversando. Le reazioni erano l’ultimo dei miei problemi».
Si aspettava che Violante, Bertinotti e Fini avrebbero fatto lo stesso?
«Non pretendo di essere imitato. Rispetto le decisioni di tutti, come mi auguro gli altri rispettino la mia».


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