Il reintegro fantasma
E Confindustria, aggiunge, «tre mesi fa non avrebbe mai sperato in una riforma così»Mario Monti arriva con mezz’ora di ritardo, ma i suoi ministri Cancellieri, Barca, Profumo e Ornaghi lo aspettano con pazienza. E’ stato trattenuto a Roma per motivi istituzionali legati proprio al disegno di legge sul mercato del lavoro. Ed è di questo che si deve parlare anche nella sua prima visita a Napoli legata invece agli investimenti – 105 milioni di euro – per il restauro di Pompei e alla firma dei cinque bandi. Così il presidente del consiglio, pur nel corso di una conferenza stampa incentrata su altri argomenti, manda un messaggio alle imprese: «Sono insoddisfatte perché avrebbero voluto la sparizione della parola reintegro, ma col tempo – chiarisce – capiranno che ciò avverrà in presenza di fattispecie molto estreme e improbabili».
Eccola la frase che più di ogni altra spiega la manovra del ministro Elsa Fornero. Quello «spacchettamento» dell’articolo 18 che ora, nel ddl, diventa il numero14 su 72, in cui al giudice spetta stabilire se un lavoratore possa ricevere un indennizzo o, in caso di «palese insussistenza» dei motivi economici addotti per il suo licenziamento, essere reintegrato. E’ su questa ambiguità che si giocherà a livello giuridico il ritorno di un dipendente al proprio posto, rendendolo estremamente complicato. E secondo Monti gli imprenditori, gli industriali questo dovrebbero capirlo.
Invece per Emma Marcegaglia non è abbastanza: in un’intervista al Financial Times spiega che il testo del ddl firmato da Giorgio Napolitano e passato ieri al senato è pessimo: «Non era quello che avevamo concordato, non è quello che serve al paese». Non solo. La leader di Confindustria va oltre, da Roma minaccia che i contratti non verranno rinnovati se il testo non sarà modificato, perché gli imprenditori avranno paura dei contenziosi. Ed è da qui che inizia lo scontro diretto con il governo. In serata Mario Monti infatti replica: «Si prenda le sue responsabilità , tre mesi fa la Confindustria non avrebbe neppure osato sperare che il licenziamento per motivi economici diventasse in Italia come in Paesi dove c’è maggiore flessibilità , e che il ruolo del reintegro fosse limitato. La presidente è rimasta perfettamente al corrente della riflessione del governo e delle parti sociali sulla riforma del lavoro». A questo punto i partiti del centrodestra dovranno scegliere da che parte stare.
In attesa di sapere quale atteggiamento assumerà il successore di Emma Marcegaglia, Giorgio Squinzi, le critiche di Lady Emma nel pomeriggio vengono immediatamente raccolte dal Pdl, perché è con il consenso degli industriali che il partito deve fare i conti. Motivo per cui dalla sollecitazione di riflessioni «obiettive, ragionevoli e costruttive» da parte di Sandro Bondi, si passa direttamente all’attacco con i capigruppo Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri. «Riproporremo in aula le norme sulla flessibilità non accolte nel disegno di legge del governo» incalzano. Mentre il segretario del partito, Angelino Alfano, è ancora più netto: «Modificheremo la norma in senato». Si dice d’accordo l’Udc, ma ovviamente con toni molto più concilianti: «Questa riforma andava fatta – insiste Pier Ferdinando Casini – il tema della flessibilità in entrata è importante, qualcosa di più si può fare», concede.
In mattinata Monti dalla prefettura partenopea aveva detto di auspicare modifiche per migliorare un testo «difficile da capire e da spiegare» (in effetti…), ma aveva ribadito nettamente: «Solo in caso di motivazioni manifestamente insufficienti il giudice può disporre il reintegro». Poi si era rivolto ai sindacati: «Si sentono colpiti dal fatto che ora il licenziamento economico è più aperto, col tempo capiranno il passo avanti fatto verso la tutela universalistica». Eppure come a prevedere la reazione di Confindustria aveva allo stesso tempo ricordato: «Questo governo è breve, meglio non sprecare tempo». E ancora: «Preferiamo avere contrasti anche aspri per evitare illusorie paci».
Almeno su questo ultimo punto non ci sono molti dubbi. Mentre il premier chiariva in che direzione va la riforma, a Napoli si manifestava senza tregua. Contemporaneamente nella sala stampa della prefettura una giornalista di Sky chiedeva al premier dei recenti suicidi e delle accuse di Antonio Di Pietro che ne addossa le responsabilità alle manovre di Palazzo Chigi. «Incoraggerei a domande pertinenti: sono a disposizione per parlarne in qualsiasi altro momento», rispondeva Monti. Non sapendo che proprio a due passi c’era un disabile che aveva tentato di darsi fuoco.
Durante il sit in l’uomo, alzatosi dal suo mezzo elettrico a quattro ruote e aggrappato a un palo, aveva minacciato con una tanica di benzina e un accendigas di suicidarsi. Solo l’intervento della polizia aveva evitato il peggio.
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